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I ragazzi di Inzaghi andrebbero nominati tutti, dal primo all'ultimo. Nell'impresa di ieri sera c'è un pezzo di ognuno di loro. Non solo nell'impresa di ieri sera ma in tutto il percorso straordinario fatto in questa Champions League. Lautaro, che alla viglia del match ad Appiano scattava come se non si fosse infortunato una settimana prima, ha reso possibile tutto questo. Ha tirato il carro senza risparmiarsi e lo ha fatto con una maturità imponente. La sua fame è la fame dell'Inter. Thuram, eroico. Non ha smesso di correre, lottare, sportellare con chiunque indossasse una maglia blaugrana. Frattesi si è preso le prime pagine come solo lui sa fare. Mente libera, piede che non sbaglia. Su quel cancello che unisce la gente dell'Inter e l'Inter si celebrano i destini più belli. Calhanoglu, che non sbaglia quel rigore mai. Barella, che vorrebbe essere più esteta ma che diventa anche essenziale. Mkhitaryan è dove ci sono pericoli ma anche dove nascono le idee, non puoi fare a meno di lui. Bastoni che insegna come deve agire e soffrire un difensore, in maniera intelligente e mai sconsiderata. Immolandosi, tornando, costruendo. Acerbi è la rivincita di chi pensa che la pensione sia l'idea giusta per uno come lui: stiamo forse scherzando? E de Vrij che nel finale fa esattamente ciò che deve, con sacrificio e intransigenza. Anche lui è uno dei meravigliosi "vecchietti" di questa Inter.
Dumfries confeziona assist per chiunque. Stagione straordinaria per lui, che lo eleva a giocatore eccezionale. Da quando è rientrato dall'infortunio è una furia. Bisseck sta facendo parecchi anni di scuola tutti insieme, impara e migliora e cresce. E in notti come queste, con Pavard fermo ai box, sa essere all'altezza di tutto. Darmian, soldato imprescindibile che viene a fare il lavoro sporco proprio dove ti serve. Zielinski con la sua qualità. Taremi su Yamal è asfissiante, non lo lascia ragionare né respirare. Il piede di Lamine lancia siluri anche da fermo e Mehdi lo addomestica, lo insegue. Forse anche nei sogni. Yann Sommer ha fatto un capolavoro, ieri. 59 i palloni toccati, neanche fosse un giocatore di movimento. E quelle parate incredibili, a tirare fuori la prestazione più eccezionale di sempre alimentando a Monaco enormi nubi di rimpianti. Pensavamo tutti che Carlos fosse la scelta migliore dopo l'andata a Barcellona e invece Dimarco ha sfoderato una partita enorme, come è sempre stato nelle sue corde. Augusto è subentrato portando avanti fedelmente la missione su quella fascia. Enormi lo sono stati tutti. Anche quelli in panchina che hanno sofferto come i pazzi. E che ci somigliavano tantissimo in quei lunghi minuti finali prima del catartico fischio finale. Stritolati dalla morsa di ciò che stavamo per realizzare. "Come San Siro non c'è niente", ha sancito Federico Dimarco godendosi lo spettacolo della sua gente. Ma aggiungiamo un dettaglio che non lo è. Come l'Inter di Simone Inzaghi non c'è niente. E ieri, finalmente, se ne sono accorti proprio tutti.
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