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fcinter1908 news interviste Altafini: “Calcio? Una cosa non tollero. Triste rinunciare a San Siro. Incredibile come Inter…”

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Altafini: “Calcio? Una cosa non tollero. Triste rinunciare a San Siro. Incredibile come Inter…”

Altafini: “Calcio? Una cosa non tollero. Triste rinunciare a San Siro. Incredibile come Inter…” - immagine 1
Intervistato dal Giornale, l'ex attaccante ritorna sul tema San Siro: "Provo tristezza"
Gianni Pampinella
Gianni Pampinella Redattore 

Wembley, Comunale di Torino e presto anche San Siro. Stadi storici che oggi, a eccezione di quello di Milano, non ci sono più. "Provo tristezza, i teatri di un tempo magnifico, fette di vita, ricordi, gol, folla, cartoline stracciate", dice José Altafini intervistato dal Giornale.

Il Maracanà è stato messo in vendita.

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«Non era più quel monumento che mi mise paura la prima volta che tirai fuori la testa entrando sul terreno di gioco. Sembrava un mostro che stava per venirti addosso, per travolgerti e poi non aveva una fine, era l’infinito dello sguardo».

San Siro

San Siro è stato venduto ai due club.

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«È davvero incredibile che due società storiche, riconosciute nel mondo per le loro vittorie internazionali, non abbiano un proprio stadio. Questa storia aggiunge rabbia alla tristezza. Per me San Siro resta lo stadio più bello del mondo per assistere ad una partita di calcio. In campo senti il pubblico vicino, hai addosso l’urlo della folla però il terreno di gioco è stato sempre brutto con la porta del freddo, alla destra delle tribune, quell’area coperta di segatura ma sotto c’era il ghiaccio, usavamo tacchetti chiodati, una volta Cesare Maldini si ferì profondamente al polpaccio, diciotto punti di sutura dopo un contrasto di gioco».

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Memorie di mille partite e di gol fantastici, uno in particolare?

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«Ho un record personale che nessuno potrà mai battere».

Per esempio?

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«A San Siro ho segnato 4 gol all’Inter, 4 gol alla Juventus e 4 gol al Santos. Chi altro potrà fare una cosa del genere?».

Il calcio di oggi?

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«C’è una cosa che non tollero, i calciatori che entrano in campo e pregano, magari rivolti verso la tribuna. Lo facciano nello spogliatoio, in silenzio, lontano dalla gente, il torero non prega mai nell’arena. Io ho un santo protettore, non ha un nome, non lo conosco ma so che c’è, mi segue, mi ha aiutato nei momenti difficili, è il mio spirito guida».

(Il Giornale)