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Calcagno: “Milan-Como, cosa penso. Si gioca troppo? Problema non è solo questo. Bastoni…”

Calcagno: “Milan-Como, cosa penso. Si gioca troppo? Problema non è solo questo. Bastoni…” - immagine 1
Intervistato da Tuttosport, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, Umberto Calcagno, ha parlato di Milan-Como e non solo
Gianni Pampinella
Gianni Pampinella Redattore 

Intervistato da Tuttosport, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, Umberto Calcagno, ha commentato la scelta di far giocare Milan-Como a Perth. "Il problema non è certo la partita in sé, dato anche che resterà un evento eccezionale. Anche se viene giocata a 28.000 km di distanza, con fusi orari e cambi di temperatura duri da affrontare. Resta il dubbio se sia questo il modello da inseguire".

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L’abbiamo già sentita: si gioca troppo.

«Il problema non è solo questo: i grandi calciatori hanno già accettato che si debba giocare di più e si debbano cercare nuovi ricavi. La preoccupazione è legata all’impatto sulle loro prestazioni: per fare un esempio, Bastoni l’anno scorso ha giocato più di 70 partite. Però molto probabilmente non ha giocato la settantesima allo stesso livello psico-fisico della cinquantesima. Credo si debbano rimettere le persone al centro del progetto, e parlo anche dei tifosi». 

In che modo i tifosi ne risentono?

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«Perché facendo giocare i calciatori così tanto, offriamo uno spettacolo meno bello: così perdiamo i due pilastri del nostro mondo».  

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L’obiezione più immediata: visti i guadagni, i calciatori non possono lamentarsi.

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«Se hanno ingaggi importanti è perché sono forti e generano ricchezza. E anche stipendi alti non giustificano il superamento di certi limiti: noi siamo affiancati alla Lega Serie A in una causa intentata, come sindacato mondiale e come leghe europee, contro la Fifa». 

Con cui i rapporti sono al minimo storico.

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«Perché non c’è mai stata la volontà da parte della Fifa di sedersi davvero a un tavolo e dare dignità alla voce dei calciatori. E queste non possono essere definite solo questioni sindacali: in questi termini non andremmo da nessuna parte. Il tema è cercare soluzioni che rimettano al centro le persone per offrire il miglior spettacolo possibile». 

Tutto nasce dal Mondiale per club.

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«Bisognerebbe giocarlo in una finestra più umana, per dirne una che permetta tre settimane di riposo a fine stagione. Ma la vera questione è legata alla creazione e all’ampliamento di nuove competizioni internazionali, che spostano la ricchezza lontano dai campionati nazionali. Dobbiamo anche porci il problema di come redistribuire i proventi che generano». 

La riduzione della Serie A a 18 squadre può essere un’idea?

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«Non può essere un ragionamento estrapolato dal contesto internazionale. L’Italia non può farla senza che la facciano anche Spagna e Inghilterra». 

(Tuttosport)