Intervistato da Tuttosport, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, Umberto Calcagno, ha commentato la scelta di far giocare Milan-Como a Perth. "Il problema non è certo la partita in sé, dato anche che resterà un evento eccezionale. Anche se viene giocata a 28.000 km di distanza, con fusi orari e cambi di temperatura duri da affrontare. Resta il dubbio se sia questo il modello da inseguire".

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Calcagno: “Milan-Como, cosa penso. Si gioca troppo? Problema non è solo questo. Bastoni…”
L’abbiamo già sentita: si gioca troppo.
«Il problema non è solo questo: i grandi calciatori hanno già accettato che si debba giocare di più e si debbano cercare nuovi ricavi. La preoccupazione è legata all’impatto sulle loro prestazioni: per fare un esempio, Bastoni l’anno scorso ha giocato più di 70 partite. Però molto probabilmente non ha giocato la settantesima allo stesso livello psico-fisico della cinquantesima. Credo si debbano rimettere le persone al centro del progetto, e parlo anche dei tifosi».
In che modo i tifosi ne risentono?
—«Perché facendo giocare i calciatori così tanto, offriamo uno spettacolo meno bello: così perdiamo i due pilastri del nostro mondo».
L’obiezione più immediata: visti i guadagni, i calciatori non possono lamentarsi.
—«Se hanno ingaggi importanti è perché sono forti e generano ricchezza. E anche stipendi alti non giustificano il superamento di certi limiti: noi siamo affiancati alla Lega Serie A in una causa intentata, come sindacato mondiale e come leghe europee, contro la Fifa».
Con cui i rapporti sono al minimo storico.
—«Perché non c’è mai stata la volontà da parte della Fifa di sedersi davvero a un tavolo e dare dignità alla voce dei calciatori. E queste non possono essere definite solo questioni sindacali: in questi termini non andremmo da nessuna parte. Il tema è cercare soluzioni che rimettano al centro le persone per offrire il miglior spettacolo possibile».
Tutto nasce dal Mondiale per club.
—«Bisognerebbe giocarlo in una finestra più umana, per dirne una che permetta tre settimane di riposo a fine stagione. Ma la vera questione è legata alla creazione e all’ampliamento di nuove competizioni internazionali, che spostano la ricchezza lontano dai campionati nazionali. Dobbiamo anche porci il problema di come redistribuire i proventi che generano».
La riduzione della Serie A a 18 squadre può essere un’idea?
—«Non può essere un ragionamento estrapolato dal contesto internazionale. L’Italia non può farla senza che la facciano anche Spagna e Inghilterra».
(Tuttosport)
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