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Nel corso di un'ampia intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Luca Campedelli è tornato a parlare del Chievo:
"Delitto perfetto? Sì, perché non abbiamo avuto possibilità di replica. Nessuno ha voluto prendere le parti della vittima o ha fatto in modo che la giustizia andasse più a fondo nella vicenda. Le istituzioni si sono limitate a dire che il Chievo non aveva impugnato la normativa della Figc, però nessuno ha voluto vedere che lo Stato durante il periodo Covid aveva fatto una norma istituzionale che di fatto ha reso il club non inscrivibile al campionato. Senza il Covid il Chievo sarebbe ancora in vita perché noi non avevamo problemi economici, gli stipendi dei giocatori erano stati tutti regolarmente pagati. Il Chievo è stato cancellato in sette giorni, quando nel settembre 2020 venne emanato un dispositivo che bloccava tutte le rateizzazioni. Se avessi avuto più tempo, di sicuro avrei trovato una strada, ma nessuno mi ha ascoltato e mi ha dato una mano".
Si è mai chiesto quali errori ha commesso?
"Tante volte. Il più grande è stato non aver messo in sicurezza il Chievo prima di essere sospeso dalla carica di presidente perché imputato nel processo di Forlì per le plusvalenze. Sarei dovuto andare all’ufficio imposte e pagare tutta la cartella esattoriale per evitare la rateizzazione. Ci tengo a precisare che per le plusvalenze sono stato assolto, la condanna di due anni è per falso in bilancio e ho già fatto ricorso in appello".
Che cosa ha fatto in questi anni?
"Sono stato dietro agli avvocati e mi sono dedicato alla scherma sportiva. Fino all’anno scorso seguivo una squadra di ragazzi disabili, li accompagnavo agli allenamenti e alle partite. Inizialmente si allenavano al Bottagisio, che dopo il fallimento del Chievo è finito all’asta ed è stato acquistato dal Verona. Una porcata: come se il Milan comprasse Appiano Gentile. Io non lo avrei mai fatto".
Qual è stato il momento più duro?
"Novembre 2021, quando ho tentato il suicidio. Mi sentivo un peso, con addosso tutte le colpe del mondo. Non vedevo vie d’uscita. Avevo perso ogni briciolo di speranza, ora un po’ l’ho ritrovata. Il calcio è la mia vita, ma adesso preferisco quello dilettantistico, non inquinato dalla tecnologia. Sono stato solo qualche volta a vedere il Monza. Ho smesso anche di seguire l’Inter, squadra per la quale tifavo: da quando non c’è più Moratti ha perso la magia. Lui è stato uno dei pochi, insieme a Preziosi, a starmi vicino".
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