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Del Bosque: “Fabregas pronto per l’Inter, non ha mai paura. Lotterà per scudetto e Champions”

Andrea Della Sala Redattore 
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex ct della Spagna Vicente Del Bosque ha parlato di Fabregas e del futuro da allenatore

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex ct della Spagna Vicente Del Bosque ha parlato di Fabregas e del futuro da allenatore:

Se torna indietro con la memoria vedeva Fabregas allenatore?

«Sì, e per vari motivi. Il primo si rifà a quanto detto prima: un bel pezzo di quella squadra ha preso il cammino dell’insegnamento e la cosa da spettatore non può che farmi piacere. Il secondo, pensando a Cesc, e che io guardandolo dalla panchina vedevo che lui in campo giocava pensando già come un allenatore, cosa per me molto importante in chiave futura».

In che senso?

«Pensava sempre alla squadra come insieme, giocava in una posizione nella quale aveva grande libertà e mi sembrava che la interpretasse come una responsabilità, pensava che dovesse essere messa a disposizione dei compagni, per migliorarli e facilitar loro il compito o la giocata. Era molto disciplinato e gli piaceva far girare gli altri attorno a sé».

Interessante. Io avrei detto che Xabi Alonso o Xavi erano già allenatori allora, Fabregas meno. Lo vedevo più ribelle.

«Perché interpretava il gioco in maniera diversa. Ma ripeto, sempre con in testa la squadra e il bene comune. Se pensiamo a questi tre nomi, hanno scelto lo stesso cammino partendo da basi diverse: in comune hanno la passione per il calcio e per il lavoro, ed è molto bello. Anche io ho fatto lo stesso percorso, forse per questo mi piace che i miei ex giocatori passino dal campo alla panchina».

Lo ha seguito un po’ al Como quest’anno?

«Sì sì, ho visto che si è salvato senza patemi, giocando un calcio attrattivo e con una squadra con diversi giovani e protagonisti non granché conosciuti. Mica facile. Del resto se uno guarda alla carriera di Cesc la prima cosa che nota è che ha iniziato a giocare e a imporsi a grande livello quando era giovanissimo, tanto nell’Arsenal come in nazionale. Aveva una grandissima personalità e la cosa l’ha portato a competere al massimo livello quando era ancora un adolescente. E questa personalità, questo modo di essere lo aiutano anche ora che deve allenare, ha un bagaglio di grande qualità, tecnico e umano».

Ha avuto maestri molto diversi per calcio, modi e testa, Mourinho e Guardiola, Del Bosque e Aragones, Conte e Sarri, oltre a Wenger.

«È una grande ricchezza. Tutti gli ex calciatori si portano dietro qualcosa dei propri allenatori, e mi riferisco anche agli aspetti negativi: si apprendono anche le cose che non si devono fare, e dal negativo puoi trarre benefici se sai come usarli. I nomi che ha citato rappresentano anime molto diverse tra loro, e Fabregas si è sempre adattato. Primo perché era eccezionale a livello tecnico, e secondo perché aveva una testa privilegiata, era molto completo.

Lo vede preparato per il salto dal Como all’Inter?

«Chiaro, senza dubbio. Cesc non si è mai spaventato nella vita, ed è stato chiamato molto presto a grandi sfide. Nell’Arsenal aveva davanti Patrick Vieira, campione del mondo. E in nazionale una generazione di fenomeni. Non ha mai tremato. È partito per Londra giovanissimo, accumulando grande esperienza. E anche se può sembrare qualcosa di relativo il fatto di saper parlare e comunicare in tante lingue aiuta molto. Cesc sa muoversi bene in culture assai diverse tra loro».

Si dice che la Serie A sia un campionato molto tattico.

«Può essere ma conta poco, perché la sostanza è uguale per tutti: vogliamo che le nostre squadre siano organizzate, solide, competitive. Che poi abbiano uno stile più o meno offensivo è una variante che dipende anche dai giocatori che hai a disposizione. Ma lavorare in un Paese o in un altro non cambia la sostanza. Quest’anno ha allenato il Como con l’obiettivo della salvezza e una rosa preparata per questo, se andrà all’Inter lotterà per lo scudetto e la Champions usando sempre le sue armi, che mi sembrano di grande livello. Possono cambiare gli obiettivi, non la sua maniera di essere, la sua personalità e la sua conoscenza. Per questo dico che è pronto per qualsiasi sfida».