Karl-Heinz Rummenigge compie 70 anni giovedì e per l'occasione la Gazzetta dello Sport ha intervistato l'ex calciatore tedesco che ha raccontato alcuni aneddoti legati alla sua lunga carriera.

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Rummenigge: “Bergomi tra gli avversari più duri. Boniperti mi voleva alla Juve, ma Mazzola…”
A proposito di gol, il più bello?
—«Quello che mi annullarono, in acrobazia, in Inter-Rangers, nel 1984. Ho visto una foto in cui il mio piede era a mezzo metro dal difensore. Poi segnai un altro gol, facile, di testa, ma l’altro era stato un capolavoro, rubato da un arbitro tedesco».
Gli avversari più duri?
—«Parecchi, soprattutto in Italia. Ma tra i più duri metto Beppe, intendo Bergomi, come nella finale mondiale 1982. Anche Claudio Gentile non era un amico stretto in campo. E poi stranamente un tedesco, Karl-Heinz Förster, molto veloce, concentrato; però nell’ultima stagione al Bayern ho realizzato una doppietta, era arrabbiato nero. Poi ricordo un incontro abbastanza duro con Franco Baresi».
Del tipo?
—«Derby di Milano, si giocava senza parastinchi, entrata del milanista, taglio allo stinco. Nello spogliatoio, il dottor Benazzi voleva farmi un’iniezione di antidolorifico, ma non avrei potuto giocare al mercoledì successivo in Coppa a Colonia. Mi sono fatto cucire senza puntura, con un asciugamano in bocca per il dolore. Al mercoledì ho giocato con un parastinco speciale, ho segnato due gol e abbiamo vinto 3-1. I punti mi avevano fatto bene».
Quando ha capito di avere l’Italia nel destino?
—«Sono arrivato nel 1984, ma già prima avevo in mente l’Italia, se avessi lasciato il Bayern. Mi voleva il Barcellona, al fianco di Maradona, ma avevo fatto delle vacanze nel vostro Paese e mi era molto piaciuto. Avevo anche un contatto stretto con il signor Boniperti, ogni tanto passava a Monaco per prendere un caffè con me e mia moglie. Un gentiluomo di grande classe. Mi voleva portare alla Juve, io dicevo che se avessi deciso di partire, l’avrei informato».
E come l’ha tradito per l’Inter?
—«No, non l’ho tradito. Mi sono sempre comportato in modo serio. È venuto Sandro Mazzola a Monaco per offrirmi il contratto con l’Inter, quindi ho informato Boniperti. Lui aveva bisogno di tempo perché doveva parlare con l’Avvocato Agnelli, però mi disse: “se vuoi troviamo la soluzione”, ma nel frattempo avevo già il contatto con Ernesto Pellegrini. Mi sono deciso perché Milano come città e l’Inter come club mi sono piaciuti, mi sono sentito subito bene anche per come la gente mi ha accolto allo stadio».
Poi ci furono le famose rose di Mazzola per sua moglie, secondo la leggenda. È vero?
—«Sandro era furbo, veniva a casa mia, è andato nel mio ufficio a telefonare a Pellegrini, poi è tornato in soggiorno, mi ha detto “il presidente è d’accordo, possiamo fare”».
E come convinse Trapattoni, in un’epoca in cui gli allenatori italiani non andavano all’estero, a venire al Bayern nel 1994?
—«Io, Franz Beckenbauer e Uli Hoeness andiamo a casa sua a Cusano. Discutiamo, poi mi chiede di andare noi due soli in cucina. Mi spiega di non capire il mio comportamento, perché lui era il mio allenatore all’Inter quando mi ero fatto male al tendine e mi era saltato il prolungamento di contratto, c’era già un preaccordo. Si sentiva responsabile, mi chiedeva se non ero arrabbiato con lui. Rispondo di no, perché era una decisione professionale. Lui dice che un italiano non si sarebbe comportato così. Stretta di mano ed è venuto al Bayern».
(Gazzetta dello Sport)
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