Quante partite guarda al giorno?
«Tante. La maggior parte la notte: mi è sempre stata amica. In quelle ore fluisce tutto nella giusta direzione: riesco a risolvere ciò che durante il giorno non mi è riuscito. Anche i pensieri sono più intimi, delicati…».
Un po’ come gli scrittori…
«Si, o meglio, come gli artisti. Chi fa questo mestiere conserva dentro di sé un po' di follia artistica. La maggior parte dei colpi che ho chiuso in carriera, sono nati di notte. Il giocatore che mi ha emozionato di più? Dico Javier Pastore. Quando sbarcò a Palermo da ventenne era uno spettacolo incommensurabile. Maradona, poco dopo, lo convocò in nazionale definendolo “il maleducato del calcio”, perché in ritiro faceva tunnel e pallonetti anche ai più grandi, i veterani. Mi spiace che alla Roma sia arrivato con un’anca sfracellata e non abbia potuto mostrare tutto l’estro calcistico di cui disponeva».
Ha rimpianti?
«Tra i miei rammarichi più grandi c’è Rabiot: era tutto fatto perché firmasse con la Roma. Poi ci fu una piccola incomprensione con la madre e crollò tutto. Adrien è un professionista serissimo: nella capitale sarebbe stato felice, avrebbe dato spettacolo. Ci penso ancora adesso».
Dopo gli anni alla Juve, ha scelto di tornare in Francia al Marsiglia… Che ne pensa di De Zerbi?
«Roberto è maniacale nell’organizzazione del gioco. Un po’ come Simone Inzaghi: anche lui è straordinario, gli auguro tutto il bene del mondo. Prima di andare all’Inter è stato molto sottovalutato. Non capirò mai il perché...».
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