Sacchi, un po' tutti dicono che lui in panchina porti almeno una decina di punti in più?
«Di preciso non lo so. Ma sono tantissimi. È un valore aggiunto come pochi. E di sicuro la classifica degli azzurri è merito suo. Vincere con il Cagliari sarà il tocco magico del suo cammino. Poi spero che decida di restare ancora nel Napoli, ma quello che conta è che qualsiasi decisione prenda, non gli faccia poi venire dei rimpianti nel futuro».
Il Napoli può solo perderlo il campionato, si dice...
«Non è proprio così. La classifica fa sospirare: se vinci, ma non è facile perché vincere non lo è mai, non devi aspettare di conoscere il risultato dell'Inter che gioca a Como e con Fabregas non è semplice. È una finale, è una vigilia da grandi emozioni, consapevoli che poi non ci sono vie di fuga, altri paracaduti. Domani si decide ogni cosa. Ed è bello così: non sempre la vita dà un'altra possibilità. Il calcio, come dico sempre a mia moglie che ne sa poco di pallone, è proprio lo specchio della vita. Lavori tutta una stagione, notte e giorno, per arrivarti a giocare una partita di questo genere».
L'Inter l'ha delusa?
«A un certo punto della stagione ha rinunciato a giocare al calcio, ha iniziato a mettere più difensori che attaccanti. A Inzaghi auguro di vincere la Champions, però deve smetterla di tornare al sistema italiano di una volta.. il calcio è un gioco offensivo. Dove trionfa sempre chi ha delle idee».
Sulle idee Conte è imbattibile.
«Ho perso il conto dei sistemi di gioco che ha cambiato. Si adatta, propone, sistema le cose, trova delle soluzioni ogni volta e prova a essere offensivo senza avere la rosa che hanno gli altri. Non solo l'Inter. Poi non sempre gli riesce. Ma a Napoli è in corso di realizzazione un capolavoro. Bellissimo perché inatteso, imprevedibile. Troppe erano le squadre che all'inizio sembravano migliori».
Cosa si aspetta dal match di domani con il Cagliari?
«Spero che Lukaku dia una mano più consistente. Con il Parma non è stato d'aiuto. Non credo che possano avere paura, Conte non glielo permetterà mai. Non vorrei passare un'altra serata di sofferenza come domenica scorsa...».
Due anni fa Spalletti vinse senza batticuore?
«Vincere soffrendo non è meno bello. Ha ragione Antonio: solo chi arriva primo, scrive il suo nome nella storia. E poi quella squadra aveva Osimhen, Kvaratskhelia, Kim, Zielinski: c'erano tantissimi campioni. Questa ha qualche signor nessuno di troppo. Ma Conte ha dimostrato che si può vincere con gli uomini, con le persone giuste. E non necessariamente con i calciatori più forti. In tanti erano degli sconosciuti prima di approdare al Napoli. Ora li vogliono tutti».
Senza Kvaratskhelia come avrebbe reagito?
«Mi sarei arrabbiato e poi mi sarei rimboccato le maniche. Proprio come ha fatto Antonio. Al Milan lo scudetto lo abbiamo vinto con un certo Van Basten che per sette mesi era in infermieria. Quel che conta è la squadra: il nostro è un mondo dove le persone affidabili sono davvero poche. Se sei così in alto, come lo è il Napoli, vuole dire che lì ce ne sono tante. Altrimenti, con una squadra come quella non può essere a tre punti dallo scudetto».
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