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Nel derby, però, può cambiare tutto.
«Un Clasico è un Clasico , pure di Coppa Italia: chi arriva sfavorito, a volte, vince e gli ultimi precedenti lo confermano. Da argentino, avrei voluto vedere Lautaro, una stella da ammirare. Ma mi godo anche Thuram: me lo ricordo bambino a Parma, quando ero in squadra con Lilian, e c’era pure Conceiçao. Aveva riccioli bellissimi, giocava felice, stava spesso con mio figlio Federico.».
Del Milan, invece, la intriga qualcuno?
«Questo Leao, che si accende e si spegne, ha mezzi tecnici incredibili: gli manca davvero poco per esplodere definitivamente».
La differenza di carattere tra Simone e Sergio si vede anche in panchina?
«Sergio era un combattente come ce ne sono pochi, cattivo per davvero. Si arrabbiava facilmente e, quando le cose andavano male, faticava a passarla: gli dicevamo che serviva un pallone per lui e uno per gli altri. Ora cerca di trasmettere questa grinta anche al Milan, ma deve essere seguito. Simone ha un carattere più docile: non gli serve essere duro per essere ascoltato».
Ma come erano quei due quando giocavano?
«Simone era un goleador nato e poi stava tutto il giorno a parlare di calcio: pallone, pallone, pallone... Sergio non era così “assetato”, mi sorprende abbia fatto questa carriera, ma i successi di entrambi sono meritati. A me piace ricordarli all’Olimpico mentre aspettavamo il risultato di Perugia-Juve: quello scudetto ci unirà per sempre».
Ma lo sa che tra i due le scintille in panchine non sono mancate?
«Sarà per qualche vecchio cross o passaggio sbagliato di 25 anni fa... Le scaramucce figlie di un po’ di nervosismo vanno capite: sono sicuro si vogliano ancora bene».
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