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Roberto Beccantini, giornalista, sul Corriere dello Sport ha affrontato il tema Simone Inzaghi:
"Restare sul carro di Simone Inzaghi può sembrare, oggi, un gesto di truce masochismo, di subdola pietas. Guadagna 5,5 milioni netti a stagione e ha il contratto in scadenza nel 2026. La coda del calendario gli serve il calice della finale di Champions, in programma sabato, a Monaco, contro il Paris Saint-Qatar di Gigio Donnarumma e Khvicha Kvaratskhelia (sic). Brinderà o vi annegherà? Gli sfottò dei social ne crivellano la «generosità» capace di aver regalato l’ennesimo scudetto al Napoli, nel solco del grande Diego Armando. E di aver consegnato a uno dei Milan più scassati del Millennio la Supercoppa e l’epilogo di Coppa Italia. Da Inzagone a Inzaghino. Con l’Arabia in agguato (vero? falso?). Occhio a non esagerare. Nella mia griglia estiva ‘o Napule veniva subito dietro l’Inter, davanti a Milan, Juventus e Atalanta (la sola, in concreto, ad aver insidiato i duellanti). Se il primo anno togliete ad Antonio Conte la tassa europea, ricaverete un branco di lupi famelici, non già un bucolico gregge di pecore matte. Così è stato. Inoltre, fra il Maschio salentino e il signor Spiaze balla, in pratica, un girone di differenza. Non proprio un indizio marginale. Anche se la rosa interista era extra-large, mentre quella di Conte competitiva, sì, ma più ridotta: specialmente dopo la fuga invernale dello slalomista georgiano"
"E allora, qual è il problema? Arduo immaginare che al Tardini, sul 2-0, Simone abbia spinto i suoi a darsi ai bagordi (tanto, è fatta), favorendo, di riflesso, la rimontona del Parma. Se mai, l’età media, periscopio di non lievi cali, e la dottrina dei cambi, complice di non innocenti ribaltoni. Per portare a casa un trofeo, Marcello Lippi dixit, bisogna cercare di vincere tutto. A costo di non vincere nulla. Conte aspettava il rivale sulla riva del fiume, libero e vampiresco. Eppure attorno a Inter-Barcellona 4-3 dts del 6 maggio offrimmo il meglio dei nostri elzeviri, il massimo dei nostri inchini. O forse il peggio del nostro conformismo. E all’estero ci affiancarono sedotti e giulivi"
"Improvvisamente, una crisi di coscienza. Il risultato ha scacciato le emozioni del popolo e graffiato le mozioni dei dotti. Che in patria Conte continui a sbaragliare gli infedeli con la miglior difesa (e, orrore, un attacco «risparmioso» assai) non rappresenta più, nemmeno nella Fusignano di Arrigo Sacchi, materia di scomunica. Ciò premesso, due titoli in tre campionati, fra il pennello di Luciano Spalletti e lo scalpello di «Andonio», non sono un miracolo: incarnano un progetto, riassumono un’impresa. Chapeau ad Aurelio De Laurentiis. Nello stesso tempo, due «belle» di Champions dovrebbero costituire, a prescindere, una prova a discarico dell’imputato di Appiano. Sempre che l’esito non sia, sul serio, l’unica cosa che «Conte», dal momento che «la storia la scrivono i vincitori e gli sconfitti la leggono». Rimane, oltre le dispute filosofiche, il confine dell’Allianz Arena, cruciale e definitivo: di qua, la fama dell’alchimista illuminato, in sella dal 2021; di là, la fame dell’eterno secondo (in barba a uno «scudo» e a un bouquet di coppe). Nei panni di Beppe Marotta, non avrei dubbi: adelante insieme, comunque"
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