Perché è convinzione generale che l’Inter fosse la più forte tre anni fa, quando si impose il Milan. Non fosse inferiore al Napoli di due anni fa, quando invece finì a 18 punti da Spalletti. E abbia di conseguenza raccolto un po’ in ritardo un meritato scudetto. Ora la storia è altrettanto chiara: il campionato è ancora in gioco, ma bisogna inseguire il Napoli, che ha meno impegni ma anche una rosa molto meno ricca. Tre punti di vantaggio non sono incolmabili, ma lasciano aperta la possibilità di arrivare con questa situazione di classifica al confronto diretto del 2 marzo al Maradona. E se fosse così, psicologicamente la squadra di Conte si metterebbe in una posizione molto, ma molto più comoda: un successo dell’Inter rimetterebbe tutto in equilibrio, ma un successo del Napoli forse chiuderebbe i giochi per Inzaghi.
Ecco, in tutto questo c’è un altro aspetto diciamo così psicologico che coinvolge Inzaghi. Bravissimo tatticamente, bravissimo nel far crescere i giocatori, nel creare un ottimo ambiente, ma… Ma forse proprio per questo capace di dare troppe certezze anche ai suoi calciatori. Se sei il più forte per quattro anni, ma non raccogli il dovuto, forse ti manca un pizzico di adrenalina, di tensione , che non vuole dire nervosismo, nella continuità. Inzaghi ha passato cinque anni e mezzo alla Lazio, e adesso è al quarto anno all’Inter. Al contrario di Antonio Conte che per definizione brucia tutto, anche la sua serenità, nel giro di un paio di stagioni al massimo. Stressa l’ambiente - dalla società ai giocatori - sin dal primo giorno, per avere risultati immediati che spesso arrivano, come è successo alla Juve, all’Inter, al Chelsea. Poi magari finisce per spezzare, tirandola tanto, magari anche troppo, quella corda emotiva.
Ma quel veleno sportivo è sicuramente alla base della sua carriera da vincente. Ecco, forse Simone Inzaghi avrebbe bisogno, anche pubblicamente, di prendersi e di dare minori certezze, mettendo tutti - ma proprio tutti - sempre in discussione , perché, ed è una verità, al calcio si gioca con la testa prima ancora che con i piedi. E non c’è mai niente di scontato.
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