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FCIN1908 / Prisma, le carte della Juve orfana di Marotta. E quella frase di Storari…

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Le intercettazioni dei dirigenti bianconeri

Sabine Bertagna

La prima volta che Beppe Marotta, dirigente dell'Inter, viene citato nell'inchiesta Prisma (l'inchiesta relativa alla Juventus, plusvalenze e stipendi non a bilancio) è per definire la nuova struttura societaria bianconera. Beppe Marotta non rinnova con la Juventus (è stato a.d. e Direttore Generale dell'Area Sport fino al 30.10.2018) e passa all'Inter di Steven Zhang. Per la società degli Agnelli è un momento importante: questo addio segnerà in maniera piuttosto indelebile il corso della storia bianconera. Lascerà un segno profondo. L'improvvisa mancanza di un dirigente come Marotta porterà ad una riorganizzazione dei compiti e delle strategie societarie. In maniera fatale. L'area Sport passerà quindi a Fabio Paratici. E qui inizia la trama di Prisma.

Marotta e Paratici non si sopportano

L'inchiesta è ancora in corso e come molti bravi colleghi hanno già puntualizzato non vi è certezza alcuna di ciò che potrebbe accadere alla Juventus in termini di eventuali penalizzazioni, squalifiche e multe. Certo è che, leggendo le intercettazioni, l'etica che muove le operazioni descritte diventa immediatamente poco condivisibile. Sono gli stessi dirigenti bianconeri a non condividerla e a sollevare dubbi sull'etica delle stesse. Il dirigente Manna, a proposito dell'operato di Paratici, utilizza termini come "abbiamo dovuto sistemà tutte le m***e che ha lasciato lui". "Lui" è Fabio Paratici. Storari (ex calciatore e dirigente) appare rassegnato rispetto alla possibilità di poter operare in maniera pulita alla Juventus: "Adesso stiamo ripulendo tutto il marcio che c'era. Il problema è che alla Juventus non conta un cazzo perché se tu al presidente gli vai a dire 'ma io ho cercato di ripulire tutto' ti dice  sì va bene, ma dobbiamo vincere. Cioè questa è la filosofia della Juventus". Non sono neanche le singole operazioni in sé - operazioni che erano state già salutate con sospetto e stupore, senza ricevere troppi approfondimenti - a lasciare interdetti. Lo sono le reazioni dei dirigenti bianconeri. Federico Cherubini fa capire più volte come Paratici abbia "drogato il mercato". Dalle operazioni che riguardano i Primavera fino ad arrivare a quelle che hanno definito i trasferimenti di Kulusevski e Chiesa. C'è grande consapevolezza di ciò che la società Juve muove e soprattutto di come lo muove. Si parla di sensazione di vomito a fine giornata. Tutto questo rimarrà a prescindere da come procederà l'inchiesta. La sensazione di marcio, quella è sempre lì sullo sfondo come una colonna sonora che ti entra in testa. Presente in ogni singola delle 500 pagine di questa inchiesta.

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Tornando a Beppe Marotta, c'è un passaggio molto interessante che spiega perfettamente come la Juventus sia andata in difficoltà senza la sua figura e senza la sua competenza. C'è una conversazione tra Cherubini Federico e Bertola Stefano che verte sull'urgenza di introdurre una figura che controlli le operazioni portate avanti da Paratici. Entrambi concordano sul fatto che ci voglia un "cappello dall'alto. Non di fianco ma sopra. Qualcuno che ogni tanto gliene stoppa uno". I due dirigenti descrivono l'ex Juve come uno che  si impunta e si autoconvince della bontà di ciò che sta facendo anche se l'operazione sembra palesemente una cantonata: "Va in loop e non vede altro". Cherubini spiega a Bertola: "Io gli scrissi tre anni fa quando andò via Marotta e lui mi disse: "Tu vieni con me perché tu farai una parte delle cose che faceva Marotta. Io gli dissi: "Fabio, vengo lì a fare quel lavoro sporco perché tu non lo vuoi fà, perché te in sede non vuoi andare, all'ufficio del personale non vuoi andare, al commerciale non vuoi parlare, ma non farò Marotta perché Marotta sarà una figura, se te la mettono, che quando tu dici "compro questo" dice "aò questa operazione non si può fare"e te probabilmente ti rimetti in mare e te ne cerchi una migliore". Dalle pagine dell'inchiesta emerge una Juventus orfana di Marotta e ben salda al suo antico motto che lega in maniera inscindibile la vittoria alla propria storia. Sopra ogni cosa. Se fosse un libro - questa inchiesta - sarebbe un thriller brillante, ben architettato e con personaggi molto verosimili. Un libro di cui ancora ignoriamo il finale e che toglie ancora una volta bellezza al calcio. Come se ce ne fosse bisogno, di questi tempi.

 

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