Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Federico Jaselli Meazza, nipote del mitico Giuseppe, ha commentato la situazione dello stadio che negli scorsi giorni è stato venduto a Inter e Milan.

societa e storia
Il nipote di Meazza: “Stadio? Vero dispiacere è che venga demolito. Capisco Inter e Milan, ma…”
"Sono i giorni di tutta Milano... Un po’ sospesi, pieni di dubbi e con un po’ di amarezza familiare, anche se non sappiamo ancora cosa ci riserverà il futuro. Lo stadio, però, è un pezzo di storia, anzi preferisco dire così: il nome dello stadio è un pezzo di storia. Non parliamo solo di cemento e gradoni, ma di cultura e sentimenti che appartengono a Giuseppe Meazza, a chi lo applaudiva e chi oggi ne sente ancora parlare. Ne parlo spesso con mia madre che abita a Milano: il vero dispiacere non è tanto pensare che venga abbandonato, ma che venga demolito. È come se fosse la “nostra” casa, nel senso più personale e familiare del termine".
Pensava a una vita diversa?
—"Il nostro stadio è ancora bellissimo, seppure da ristrutturare perché vecchio e in alcuni aspetti inospitale: capisco che quella scelta sarebbe stata molto costosa e sono consapevole anche delle esigenze dei club, ma rimangono rimpianto e amarezza".
L’architetto Stefano Boeri, interista come lei, ha detto che il nuovo stadio dovrebbe chiamarsi ancora “Giuseppe Meazza”: pensa che possa andare così?
—"Non so quale sarà la direzione, e noi, come famiglia, auspichiamo che il nome venga mantenuto perché... sacro. Meazza è un simbolo di Milano, unisce le due squadre in tutto il mondo. Una volta in un pub di una cittadina inglese, leggendo il mio documento, il barista che spillava una pinta mi disse: 'Meazza come il campione?'. Qui in Spagna, poi, tutti chiamano lo stadio con il nome del nonno più che San Siro. Eppure, sono realista, immagino sia complicato conservare tutto come prima viste le esigenze degli sponsor. Spero che si faccia almeno altro...".
Chiuda gli occhi, si immagini nel 2032 mentre entra nel nuovo San Siro: cosa proverà?
—"Stordimento, emozione perché sarà comunque un grande giorno, sperando di leggere da qualche parte Giuseppe Meazza. Ma non sarà casa. Sarà un grande teatro, ma non la “mia” casa".
(Gazzetta dello Sport)
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