"Pur di giocare di più, ha rinunciato all'Inter, la squadra che l'aveva accolto bambino e che l'ha salutato 19enne. Mosso dalla sua forza, da un progetto e da quella promessa: un addio, un grazie e via, anche a costo di scendere di categoria. Ha lasciato la Pinetina, archiviata nel passato insieme agli allenamenti con Handanovic, l'idolo di sempre con Buffon, e ha abbracciato la Serie C, sempre professionismo ma due serie più in giù. Presero lui e il suo agente per pazzi. Ma alla fine Michelone, portiere da sempre, anche quando giocava al campetto vicino casa con suo cugino, si è lanciato su questa decisione per nulla scontata come fa su un qualsiasi pallone passi dalle sue parti.
[...] A Torino ha capito da subito di essere nella sua dimensione ideale. "L'aria speciale" che ha respirato dal primo momento in cui ha messo piede alla Continassa è stata una conferma per lui che alla fine dello scorso campionato aveva già dato la sua parola a Giuntoli e l'ha mantenuta senza più pensare ad altre soluzioni né farsi ingolosire da chiamate inglesi (leggi Liverpool). Consapevolezza e mentalità. [...] E se si guarda indietro, Di Gregorio è tipo che si concentra solo sul percorso fatto, senza rancore. Ma con la lucidità di chi ha presto capito che, nonostante la grandezza della squadra, i ricordi e il fatto che sia stata la sua prima, all'Inter non sarebbe rimasto (né tornato) per fare il dodicesimo o il tredicesimo".
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