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Pellegrini: “Questa Inter come quella del Trap. Inzaghi e Marotta top. Zhang è…”

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L'ex presidente Pellegrini aggiunge: "Nell'Inter del Trap ci vedrei bene Lautaro. E questa Inter è da finale di Champions"
Matteo Pifferi Redattore 

Intervistato da Repubblica in vista del derby di stasera, l'ex presidente dell'Inter Ernesto Pellegrini ha parlato così.

Una delle massime di Trapattoni, che 35 anni fa portò la sua Inter allo scudetto dei record, era: “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. L’Inter può dire gatto?

«No. Ha ragione Trapattoni, sempre meglio stare abbottonati. Sarà un derby vero. Il Milan ce la metterà tutta per farci sudare la seconda stella. Arrivarci prima di loro è un sogno, e non esistono sogni facili da realizzare».


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Su cosa dovrà puntare l’Inter?

«Sul suo spirito combattivo. Sul rientro di Lautaro che sarà super motivato. E sulla capacità del gruppo di non prendere gol».

In questo, l’Inter di Inzaghi ricorda quella del Trap.

«Le due squadre si somigliano molto, al punto che fatico a trovare differenze. Sono forti, compatte, verticali. Solide ma votate all’attacco. E i giocatori sono amici fra loro».

I due allenatori hanno qualcosa in comune?

«Il Trap è unico, ma Inzaghi sta dimostrando di non essere da meno, in quanto a carattere. È un combattente, anche se educato e gentile. E sa motivare i giocatori».

Le è sempre piaciuto, o su di lui ha cambiato idea strada facendo?

«Ho sempre creduto in Inzaghi, anche nei momenti più difficili. Gliel’ho detto quando sono andato in visita alla Pinetina, qualche mese fa».

È stato emozionante tornarci?

«Molto. Ero con amici. Ci ha invitati Marotta, che tiene tanto alla storia dell’Inter. Con l’avvicinarsi della seconda stella, penso abbia voluto onorare chi è venuto prima di lui».

Al ristorante della Pinetina servono ancora i vostri piatti?

«Certo, da 46 anni. Il primo a chiedermi di curare il ristorante fu Fraizzoli nel 1978. La mia azienda fattura un miliardo, ha 11 mila dipendenti. Ho tanti pensieri, ma il ristorante della Pinetina non me lo dimentico mai. Mi raccomando sempre che chi lavora all’Inter mangi bene. Per gli sportivi è importante. Me lo dissero i giocatori, quando vincemmo lo scudetto».

Che ricordi ha di allora?

«Tanti e bellissimi. La notte sogno ancora i giorni dello scudetto. Al risveglio, impiego qualche istante a realizzare che è successo davvero. Lo stesso succede con la Coppa Uefa di trent’anni fa. Ed è incredibile come certe imprese uniscano gli uomini che le hanno compiute».

Quest’anno se n’è andato Andy Brehme.

«Ho organizzato un volo privato, di modo che i miei giocatori andassero a Monaco insieme per ricordarlo. Io stavo poco bene, ma sono andato a Linate a salutarli».

Li sente ancora?

«Li vedo! All’ultimo piano di casa ho un ristorante dove ricevo gli amici. Klinsmann, Berti, Bergomi, Serena. Un grande calciatore e una persona speciale. Per ringraziarmi del viaggio a Monaco, Aldo mi ha regalato un vaso di cristallo, opera dello scultore che ha realizzato il trofeo alzato da Sinner a Miami».

Nell’Inter di oggi, come team manager, c’è Riccardo Ferri.

«Un bravo ragazzo, come tanti in quel gruppo. Sono felice per lui, teneva tanto a tornare all’Inter».

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Lei ha mai pensato di ricomprare il club?

«C’è stato un momento in cui sembrava potesse succedere, dopo gli anni del Triplete. Ne parlai con Moratti e Tronchetti, ma alla fine non se ne fece nulla».

Con Moratti che rapporto ha?

«Siamo amici. Vorremmo vederci di più, ma ognuno ha i suoi acciacchi. Ci sentiamo. Parliamo di Inter, di vita, di lavoro. Ha deciso di vendere la Saras, e ho capito che per lui è stata la scelta giusta».

Lei ha mai pensato di vendere la sua azienda?

«Mai. Ormai se ne occupa soprattutto mia figlia, la mia fortuna. È più brava di me».

Steven Zhang, figlio di Jindong, lo ha conosciuto?

«Certo. Mi piace. Educato, rispettoso. Eravamo seduti vicini a San Siro, poi lui ha smesso di venirci».

Che futuro spera per il club?

«L’importante è che chi lo guida sia innamorato dell’Inter e Zhang lo è. Poco cambia se sia indiano, cinese, bulgaro o italiano. Ecco, fosse milanese sarebbe bello, quello sì».

Quale giocatore di questa Inter avrebbe voluto nella sua?

«Lautaro, da alternare con Serena e Diaz. Sarebbe stato un bel lusso».

E della stagione 1988/89 chi farebbe comodo a Inzaghi?

«Bianchi in fascia destra. Copriva e saltava l’uomo. Ma mi piacciono sia Darmian che Dumfries».

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Come può rafforzarsi la società?

«Lo sa solo Marotta, di cui ho stima enorme. È il più bravo di tutti. Quel che decide lui deve andare bene a tutti gli interisti. Ha migliorato la squadra risparmiando, il sogno di ogni presidente. Fin quando sarà al comando, staremo tranquilli».

Dove può arrivare questa Inter?

«È da finale di Champions. Ci è già arrivata, proverà a tornarci».

E la sua?

«Non è stata fortunata. Avrebbe potuto vincere di più».

Un rimpianto?

«Ci fu negato uno scudetto. L’anno in cui lo vinse la Sampdoria subimmo arbitraggi da incubo. Fiorentina-Inter e Inter-Samp gridano vendetta ancora oggi».

E la più grande gioia?

«La punizione di Matthäus al Napoli che ci regalò il tricolore».

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