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Inter senz’anima: altro che scudetto, riecco il vampiro. E su Inzaghi sorgono domande pesanti

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Ecco l'analisi di FCInter1908.it di quanto accaduto ieri pomeriggio a San Siro nel match tra Inter e Fiorentina

Marco Macca

Semplicemente, l'Inter non esiste più. Perlomeno, l'Inter che abbiamo apprezzato fino a qualche settimana fa, quella che incantava in campo e che macinava punti, facendo sognare la seconda stella. Quell'Inter macchina da guerra e poesia, quell'Inter quasi perfetta si è dissolta, si è spenta come una candela nel vento. E, francamente, tutto questo è inaccettabile.

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Perché la squadra che ha pareggiato a San Siro contro la Fiorentina è palesemente una squadra limitata, impaurita, vittima di se stessa. Evidentemente non pronta a vincere uno scudetto che aveva praticamente già vinto. Incapace di reagire a un'inerzia contraria, senza fame e mordente, senza la giusta mentalità. Sembra quasi tornato il vampiro di Appiano più volte citato in epoca spallettiana. Quella di San Siro è stata la partita simbolo di un'Inter che non sa più vincere, di un'Inter che ha disperso la sua essenza e l'anima famelica che aveva fino a qualche mese fa. In una gara che i nerazzurri potevano benissimo anche perdere, abbiamo assistito probabilmente all'ammainabandiera dei campioni d'Italia, che campioni d'Italia, forse, non meritano di essere più. Un crudo verdetto che tiene conto anche dell'immediato futuro. A Torino contro la Juventus oltre a una posizione di vertice c'è, a questo punto, in palio anche l'orgoglio.

Il primo marzo Simone Inzaghi diceva: "Ci stiamo ancora leccando le ferite per il derby perso (il 5 febbraio, ndr)". Posto che certe affermazioni a un mese dalla partita in questione risultano estremamente controproducenti oltre che inopportune, viene da chiedersi perché, dopo tutto questo tempo, lo stesso Inzaghi e la sua rosa non siano stati capaci di rialzarsi. Al 75' della partita contro il Milan, fino al gol di Giroud, l'Inter era praticamente pronta a sollevare un altro scudetto, il 20° della sua storia. Dopo quella gara, l'anima di questo gruppo è semplicemente evaporata. E non regge più nemmeno la scusa del calendario, che pure ha messo a dura prova i nerazzurri tra gennaio e febbraio.

Se nelle ultime 5 ne vinci una sola (contro l'ultima in classifica, la Salernitana) e se contro Sassuolo, Genoa, Torino e Fiorentina totalizzi solo tre punti, quella di squadra vincente resta solo un'effimera etichetta, poco corrispondente alla realtà. E il problema non può essere fisico, altrimenti non si spiegherebbero le due partite giocate contro una potenza come il Liverpool. E' evidentemente qualcosa di più profondo, che nemmeno una grigliata, per quanto apprezzabile, può risolvere. E' un difetto di mentalità, una qualità che, forse, questi giocatori introiettavano di riflesso, spinti dai martellamenti di Antonio Conte. E, a questo punto, vengono tanti interrogativi.

Un periodo di appannamento è accettabile, ma non di queste proporzioni. L'Inter di oggi tenta disperatamente (anche superando spesso il limite sopportabile) di giocare come a inizio stagione, senza riuscirci. Lo fa più lentamente, con tanti errori in più e, principalmente, senza la stessa determinazione. La colpa, di fronte a difficoltà così prolungate nel tempo, è di tutti. Ma non possono certo passare inosservati gli errori di Simone Inzaghi, chiamato a fare un salto di qualità, al momento mancato. Anche ieri, confusione totale.

In particolare, viene da chiedersi il perché di certe scelte, sbagliate per tutti ma non per la guida tecnica. Nel momento in cui ti giochi tutto, togliere due punte pure come Dzeko e Lautaro per inserire due seconde punte (per di più discontinue) come Correa e Sanchez fa amaramente sorridere. E non è la prima volta che i cambi di Inzaghi finiscono (giustamente) sotto la lente d'ingrandimento. Non può essere un caso. Come non è un caso che l'Inter abbia ultimamente sbagliato praticamente sempre l'approccio alla partita, proprio nel momento decisivo della stagione. Quando, cioè, gli avversari vanno "sportivamente ammazzati", per usare un'espressione propria di Conte.

Viene da chiedersi, dunque, se questo gruppo abbia davvero bisogno solo di qualche ritocco a fine stagione, o se invece i cambiamenti debbano essere più profondi e stravolgenti. Inzaghi è un ottimo allenatore. Ma un conto è essere tecnici di talento, un'altra è essere anche vincenti. Questa Inter, questo allenatore, lo sono davvero? Probabilmente, alla luce di tutto questo, lo scudetto lo meritano altre squadre. E' tempo di guardarsi in faccia e capire i perché di tutto questo. Restano ancora delle cartucce da sparare, resta ancora tanto da giocarsi. Dopodiché, sarà tempo di scelte ed esami. E nessuno, al momento, è sicuro di essere promosso.

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