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Marotta: “Escludo cessioni big. Volevamo Vlahovic. Lukaku? E’ andata così. Zhang resta”

Marco Astori

UN SOCIO - "Ingresso di un partner che possa affiancare Suning? Sono valutazioni che competono all’azionista, io mi esprimo da uomo di calcio. Per me la maggioranza deve essere sempre in mano ad una famiglia, entità o società altrimenti si creano dinamiche che possono avere ripercussioni sulla vita del club. Ci può stare l’ingresso di un socio di minoranza, ma non credo sia il viatico migliore perché non garantirebbe un cambio di modello che invece bisogna individuare. Noi con un pizzico di fortuna siamo riusciti a rimettere la macchina in carreggiata e a ripartire. L’importante è avere un progetto. Ci siamo trovati davanti a scelte difficili, come quando con Spalletti sotto contratto abbiamo preso Conte perché c’era stato un input da parte della proprietà che voleva una squadra vincente. Conte ha portato valori importanti all’interno della squadra".

I CALCIATORI - "I calciatori vivono in un mondo dorato e forse non hanno capito bene: non sono abituati ai problemi che ogni famiglia ha nella quotidianità. Sono dei ragazzi giovani che vanno educati: le risposte spesso sono positive, altre negative. Sta a noi educarli e dar loro la cultura. C'è stata una consapevolezza da parte loro di questo dramma, ma è stato vissuto più nell'ambito salute che nella riduzione dei compensi. Noi abbiamo rispettato la totalità dei contratti pagando tutto, ma l'abbiamo fatto alla luce delle performance delle ultime due stagioni. La premessa di questa vittoria è nata dalla stagione precedente e dalla finale di Europa League. Poi abbiamo convenuto di non andare a spingere più di tanto a fare una cosa che non si sentivano".

GALLIANI - "In un viaggio a Roma per l'assemblea federale abbiamo avuto il Covid entrambi: è stato brutto e abbiamo rischiato la vita. Quando affronti queste difficoltà apprezzi la salute a dispetto dei discorsi economici e cerchi la bellezza della vita. L'altro ieri l'ho incontrato a San Siro e mi raccontava come una volta si incazzava per i risultati negativi, mentre oggi la prende con spensieratezza. Se si perde ci si arrabbia, ma affronti la vita con una visione diversa. Il calcio è un gioco e una professione: bisogna dare il massimo ma esiste la cultura della sconfitta. Io sono un innamorato del mio lavoro, avrei fatto questo anche per hobby: credo che una delle mie qualità sia l'applicarsi con grande umiltà e rispetto e con l'ambizione di vincere".

BARELLA - "E' uno dei casi in cui da talento si diventa campione. Io ho avuto a che fare con tanti talenti: Cassano è stato un fesso, da talento non è mai diventato campione, non ho mai avuto calciatori più forti di lui. Ma non aveva obiettivi, una visione precisa della professione. Barella ha dimostrato di affermarsi sempre più con continuità e oggi ci troviamo davanti ad un campione: è giusto gratificarlo economicamente per quanto ha fatto. Non è un rinnovo, è una gratificazione: è giusto adeguarlo ad una fascia importante di giocatori. Capitano? Sarebbe bello, Handanovic ha la sua età: il capitano è una qualifica che non si regala, bisogna avere le qualità professionali e umane per essere un leader. Barella può cominciare a diventarlo".

SCUDETTO - "Vincere è più facile rispetto a tenere un livello alto. Le aspettative di tutti sono quelle di vederci come campioni da battere: siamo contenti di questo ruolo, siamo l'Inter e non dobbiamo solo partecipare. Dobbiamo mirare più in alto possibile: ma bisogna valutare sia le proprie capacità sia quelle degli avversari. A volte investi tanto, a volte c'è chi investe di più ed è più forte. In Champions non si capisce la squadra più forte: lo Sheriff ha 6 punti. In campionato c'è una griglia di sette sorelle che stanno avendo nel Napoli il battitore vincente. E' prematura una valutazione definitiva. Io temo chi ha una cultura vincente più forte, la Juventus e il Milan: il Napoli è primo con merito però vincere è sempre difficile e che va al di là dei valori di una squadra. Sono valori che acquisisci nel tempo abituandoti a raggiungere gli obiettivi: quando parti per vincere devi saper cogliere tutti gli aspetti complementari come il centro sportivo, l'aspetto medico e dei magazzinieri, l'alimentazione... Se migliori queste aree, è più facile".

OSIMHEN - "E' stato un acquisto molto oneroso, non era uno sconosciuto: è normale che diversi club l'avessero puntato. Poi ci sono le circostanze: noi lo conoscevamo ma in quel momento eravamo coperti".

ICARDI - "Non voglio criticare chi ha fatto la gestione prima di me: Icardi era un grande talento, è stato investito di responsabilità quando non poteva svolgerle. Io posso dire che è un ragazzo che si è sempre comportato bene. Le scelte sono state fatte su valutazioni differenti: quando cerchi di identificare un percorso e scegli le persone, devi avere una visione precisa. E' fatta di disciplina e di responsabilità: in quel caso l'allenatore ha valutato con la società una squadra. Conte li ha interpretati al meglio: ci ha lasciato qualcosa di importante e sta a noi non perderlo. Inzaghi ha le stesse qualità: alla base del successo ci sono questi aspetti".

JUVE-INTER - "Mi sono meravigliato, è stato tutto fatto velocemente: io ho annunciato l'addio al sabato e il giorno dopo il presidente Zhang mi ha mandato un messaggio invitandomi ad un confronto. Mi ha preso in contropiede, io avrei voluto dopo otto anni magari riposare: ma ho colto questa opportunità al volo, l'Inter è una grande società. Sono due brand di grande valore, mi sono buttato immediatamente in questa realtà con le caratteristiche che mi porto dietro da 40 anni. L'esperienza è un'altra caratteristica importante. Sono partito con grande determinazione: la proprietà ha sposato subito il mio progetto, che era difficile. Lasciare a casa Spalletti per sceglierne un altro ci vuole coraggio: l'ho fatto forte dell'esperienza. Diffidenza dell'ambiente? E' quella diffidenza che si trova spesso: io non ho avuto difficoltà, io entro subito in simbiosi con le persone. Non ho avuto difficoltà, ho avuto la facilità di trovare una società preparata con persone per bene che aveva bisogno di persone vincenti".

RIVERA - "Io avevo dei limiti quando giocavo, quando ero nel Varese avevo il ruolo di Rivera: era il mio esempio. Io volevo imitarlo come calciatore. Il mio sogno però era quello di fare il dirigente fin da piccolo e l'oratorio è la prima palestra per fare il dirigente, capisci il senso dell'organizzazione, della competizione e della vittoria. Da lì ho cominciato la mia attività".

RICONFERMA DELLO SCUDETTO - "Ci credo assolutamente. Vogliamo regalare ai tifosi la seconda stella".

RECOBA - "Vincere a Venezia significa vincere in uno stadio nell'acqua e attraversare il Canal Grande: non ho mai più vissuto momenti così nella mia vita. Recoba è nato in un minuto: dovevamo prendere un giocatore e Zamparini identificò Orlandini del Parma. Chiamai Oriali per fare il contratto: andando verso Parma, mi chiamarono dicendomi che Galliani aveva preso Orlandini. Mi chiamò Regalia e gli dissi che ero in difficoltà: mi disse che era a vedere un'amichevole dell'Inter e aveva visto Recoba. Dissi a Zamparini di Recoba: andai all'Inter e con Mazzola feci quest'operazione. Io l'avevo visto mezza volta, ma lui ci portò alla salvezza".

PELLEGRINI - "Voleva portarmi all'Inter. Lui aveva bisogno di un giovane come me: l'alternativa era Dalcin. Con Pellegrini ho una grande amicizia: dico meno male che non mi ha preso, io mi sarei bruciato. Se avessi colto l'Inter a 25 anni mi sarei perso: non avevo la consapevolezza di oggi. Ho fatto un percorso graduale partendo dalla provincia fino all'Inter: è stato un percorso fortunato".

RIMPIANTO DI MERCATO - "Sono tanti, l'ultimo è stato alla Juventus: potevamo prendere Haaland per 2 milioni. Potevamo prenderlo per poco, oggi è uno dei calciatori più importanti a livello internazionale. Non può arrivare in Italia un giocatore così: nel 2000 nei primi dieci fatturati d'Europa c'erano cinque italiane, oggi solo la Juve. Siamo un campionato di transizione, vedi Lukaku: ti porta a gustare i campioni che poi quando si affermano vanno alla ricerca di ingaggi maggiori all'estero. Noi siamo obbligati ad agire di ingegno: noi abbiamo lavorato in questo mercato con queste virtù. Questo va di pari passo alla Nazionale che ci ha portato ad una grande soddisfazione. L'Italia mette sempre in vetrina grandi giocatori e allenatori: vanno fatti giocare. Qui manca la cultura della sconfitta: se i giovani sbagliano, arrivano i fischi e si bruciano. Questo malessere va combattuto. Ma oggi il tifoso è diverso, oggi è più aperto a capire le difficoltà che ha il proprio club: nel caso nostro è andato via Conte e c'è stata una rappresentanza della Curva sotto la sede. Gli abbiamo fatto capire le necessità, le hanno capite e ci hanno sempre sostenuto: il rapporto dovrebbe essere così".

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