Nulla di quanto accaduto ieri è stato edificante. Non la partita, che ha visto un'Italia mai pericolosa e a tratti tatticamente insensata. Una sconfitta che ha evidenziato in maniera allarmante i limiti di tutto il nostro movimento calcistico oltre che quelli palesi visti nelle partite in Brasile. Non gli stracci che sono volati nel post-partita tra i giocatori più vecchi, pronti ad addossare la colpa della disfatta a Mario Balotelli, il male supremo della nostra nazionale. Dichiarazioni meschine di un gruppo che non è mai stato un gruppo e che ha solo finto di esserlo. Non i cambi folli messi in atto nel corso della partita da un Prandelli completamente allo sbando. Non l'analisi degli addetti ai lavori, costretti da chissà quali vincoli di coscienza (?) a gettare le colpe solo su alcuni, risparmiando in maniera evidente altri. Il solito modo parziale di fare informazione che vige nel nostro paese. Tifosi travestiti da esperti, che il caldo brasiliano ha smascherato in poco tempo. Se mai ce ne fosse stato bisogno. Analisi spietate per i giocatori anagraficamente meno anziani, assoluzioni surreali per lo zoccolo duro. E poi ci chiediamo perché l'Italia non sia un paese per giovani. Chissà perché, eh?
editoriale
BRANDELLI D’ITALIA
Nulla di quanto accaduto ieri è stato edificante. Non la partita, che ha visto un’Italia mai pericolosa e a tratti tatticamente insensata. Una sconfitta che ha evidenziato in maniera allarmante i limiti di tutto il nostro movimento...
Mario non sarà probabilmente mai un campione di quelli veri. Gli anni passano anche per lui e la maturazione che si poteva azzardare qualche anno fa semplicemente non c'è stata. Rimane un giocatore forte, che può decidere le partite ma forse sarebbe bene ricordare che in una squadra la piega degli eventi è decisa da undici giocatori. Per la spettacolarizzazione del personaggio Mario, poi, è bene ringraziare gli stessi che ieri lo hanno accusato di aver fatto la figurina in campo. Coloro che hanno finto che Mario fosse diventato un fuoriclasse e che i gol segnati con un Milan mediocre potessero salvarci tutti. Risegliarsi all'improvviso ha i suoi contro.
Di edificante solo le dimissioni (inevitabili) di Prandelli e quelle (insperate) di Abete. Si chiude un'era, ma il nostro paese è davvero pronto a rinunciare ai soliti rimpasti e a mettere a capo della federazione una persona svincolata da interessi e lontana dalle fazioni? Apolitica? Difficile, impossibile. Eppure ce ne sarebbe così bisogno. A sentire i commenti che hanno accompagnato la caduta dell'Italia sui campi di calcio brasiliani sembrerebbe rimasto tutto come prima. Le colpe ai soliti, tanti alibi (il morso, l'arbitro, il caldo e le cavallette) e qualche allucinazione (con l'Uruguay ce la siamo giocata). A proposito di arbitri sarà curioso vedere se Chiellini avrà fatto tesoro dell'esperienza brasiliana e se la metterà a frutto anche all'interno dei confini nazionali. Questi episodi arbitrali condizionano le partite, ha dichiarato il buon Giorgio. Prendiamo nota. Per il prossimo campionato.
Una volta che toglieremo le fette di prosciutto dagli occhi vedremo uno spettacolo desolante che nessuno ha avuto voglia di raccontare. Un calcio vecchio e obsoleto, che non ha coraggio e che costringe i nostri giovani a cercare spazi all'estero o a fare le riserve di giocatori che non ne hanno più. Un calcio che vive ancora nel mito del giocatore estero, sempre preferito a quello cresciuto nel vivaio di appartenenza. Una nazione in cui Balotelli è ancora considerato giovane e nonostante questo è il primo ad essere colpevolizzato. Siamo tutti colpevoli, l'importante è rendersene conto. E non fare come Buffon a fine partita. La situazione è già abbastanza avvilente. Di gesti meschini non c'è proprio bisogno, ora.
Twitter @SBertagna
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