L'ex difensore dell'Inter, Massimo Paganin, intervistato da La Gazzetta dello Sport ha parlato della grande sfida di domenica sera tra Inter e Milan:

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Paganin: “Chivu mi ha sorpreso, che colpo Akanji. Derby? Ecco chi lo sentiva di più all’Inter”
Come erano le sfide di quegli anni?
«Bisogna ammettere che il Milan di allora era tecnicamente più forte, costruito meglio, ma Moratti stava lavorando per far crescere l’Inter. Nel derby, però, si azzera tutto: si parte 50 e 50, vince chi mette più cuore. Tra interisti e milanisti c’è sempre stato rispetto in campo, ma dentro ce le suonavamo di brutto, come giusto che sia».
Chi sentiva il derby più degli altri?
«Chi veniva dal vivaio, chi aveva iniziato a giocare questa partita da bambino. Penso allo Zio Bergomi, a Ferri, a Zenga. Ma se devo fare un nome su tutti, dico Nicola Berti: ci pensava tutta la settimana, non stava nella pelle, non parlava d’altro. Però, riusciva a trasmetterti la sua stessa voglia».
Lei è rimasto legato all’Inter anche quando ha cambiato maglia, per la verità.
«Sono contentissimo quando mi dicono “sei famoso perché Ronaldo ha segnato il primo gol in Serie A contro di te”. In fondo, sono stato testimone di un altro momento storico del nostro campionato in quel Bologna-Inter. Possiamo dire che non sono stato l’unico a essere stato dribblato dal brasiliano in quella stagione?».
C’è un Paganin nella difesa interista di oggi?
«Purtroppo sono ere imparagonabili. Nel nostro periodo nessuno ci chiedeva di giocare la palla come ora, non eravamo allenati per quello. Forse mi somiglia Acerbi per certe caratteristiche di marcatore ma, se dovessi fare un nome, direi Akanji: è un centrale fisico, sempre presente, dà solidità e tranquillità. Che colpo ha fatto l’Inter con lui!».
Come valuta l’impatto di Cristian Chivu finora?
«Sono sincero: non pensavo potesse fare subito così bene. Gli mancava un percorso da allenatore, ma ha compensato con personalità enorme, idee chiare e grande onestà: quello che dice ai giocatori è quello che poi dice fuori. Ha rimesso a posto la testa di una squadra che veniva da un complicato finale della stagione precedente. Tatticamente, poi, ha cambiato poco: ha provato il 3-4-2-1 durante il Mondiale per club, poi è tornato al 3-5-2 e la squadra viaggia quasi in automatico. I nuovi stanno pesando: Bonny ed Esposito hanno portato gol, Sucic ha dato equilibrio a centrocampo, Akanji ha completato il reparto difensivo. Diciamo che questa Inter arriva al derby con le giuste certezze».
E quali sono le certezze del Milan di Allegri?
«Per me nel Milan ci sono due chiari pericoli: Leao e Pulisic davanti, soprattutto il primo. Se il portoghese vive una giornata buona, può cambiare la partita da solo. Il giocatore che ha trasformato la squadra, però, è Rabiot: un centrocampista box-to-box e modernissimo. Con lui Allegri ha dato forma a una squadra che prima non ce l’aveva».
Nell’Inter chi può deciderla?
«Sarò banale, ma l’Inter di oggi ha il volto di Lautaro. È il simbolo, la bandiera, l’esempio, quello che incarna fame e identità. È oggi quello che nella mia epoca sono stati, tra gli altri, Bergomi, Berti o Zanetti. Penso, comunque, che il derby lo vinci solo quando reggi l’urto emotivo. E non c’è epoca che tenga: ogni volta sarà una storia nuova, ma uguale a prima».
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