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Recoba: “Moratti secondo padre, soffriva quando giocavo poco. Champions? Tiferò come un matto”

Andrea Della Sala Redattore 

«Giocavo in Grecia quando l’Inter vinse la Champions League nel 2010. Le immagini televisive lo mostrarono raggiante come non lo avevo mai visto. Quella è la sua più grande gioia da presidente, ne sono certo, gliel’ho letto negli occhi: aveva chiuso il cerchio, aveva sicuramente nel cuore il volto del suo amato papà. Subito dopo viene la Coppa Uefa del 1998, conquistata a Parigi contro la Lazio, primo successo internazionale. E c’ero pure io. Soffriva nel vedermi giocare poco. Si informò di tutto con Beppe Marotta (allora dg dei veneti), poi mi tranquillizzò e mi disse di pensare a divertirmi, che tanto sarei tornato all’Inter senza il minimo dubbio. Mi chiamava dopo ogni gara, godeva dei miei gol, anche quando vincemmo proprio contro l’Inter verso la fine del campionato».

«Jeremia? L’ho fatto esordire io, lo ha meritato sul campo. Ma adesso ha bisogno di un’esperienza in Europa, deve mettersi alla prova lontano dalla classica comfort zone. È un interno offensivo completo, molto intelligente tatticamente ed è il momento di fare il definitivo salto di qualità. Sono sempre stato molto esigente con lui, ma il ragazzo è pronto. Ma intanto concentriamoci sull’Inter di oggi — conclude Álvaro Alexander Recoba Rivero —, tiferò come un matto in finale di Champions, anche se sarà davvero dura con il Paris Saint Germain».