Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Walter Zenga ha analizzato il momento positivo che sta attraversando l'Inter. "Quello che si vede da ogni lato è che è definitivamente nata l’Inter di Chivu…"

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Zenga: “È nata l’Inter di Chivu. Questo il cambiamento più grande. Perché non pensare di…”
Zenga, è stato spazzato via del tutto il ricordo di Monaco? E cosa ha insegnato?
—«Ha insegnato… quello che sta insegnando Chivu ai suoi ragazzi. Quella rabbia nata dalla finale deve essere trasformata in forza positiva, in Italia e in Europa. Vedo questa fiamma: parliamo tanto di verticalità e aggressività, ma è nella testa e nel cuore il cambiamento più grande. Cristian può sembrare duro, ma è un uomo speciale come la sua terra. Vincere lo scudetto è meno complicato di fare un altro percorso straordinario in Champions: è la Serie A l’obiettivo più ‘vicino’, ma l’ambizione di un club come l’Inter è sempre alta, per Dna. Perché non pensare di riprovarci anche in Champions? Puoi davvero permetterti di scegliere solo quando sei in fondo».
Nel breve, come si concretizza il progetto?
—«Pensando al Napoli, ma è vitale anche fare punti a Bruxelles. L’anno scorso il Psg era praticamente eliminato e poi ha vinto: in questo nuovo formato ci sono possibilità che oggi non si possono neanche immaginare. Al momento l’Inter deve pensare a fare 4 vittorie su 4 in Coppa, poi si vedrà».
Le risorse in rosa permettono una doppia corsa?
—«C’è sangue nuovo, fresco, giovane, che mette di buon umore, fa felici i tifosi. Bonny ha segnato, ma Pio è entrato con una maturità unica: a Roma ha difeso ogni pallone come fosse l’ultimo. Il gruppo c’è, si vede, anche perché i vecchietti, i Micki e gli Acerbi, lo cementano con l’esperienza e sono seguiti dai ragazzi. La squadra ha tutto per provarci in campionato, anche se il Milan riposerà di più, come il Napoli l’anno scorso. Però, bastava che Arna avesse messo dentro quella palla con la Lazio…».
Capitolo portiere: come vede la ripresa di Sommer e la coabitazione con Martinez?
—«Se giochi così tante partite, prima o poi sbagli: è capitato a Yann e capiterà agli altri. Il calcio di oggi vuole che non ci sia un ‘1’ e un ‘12’, ma due quasi alla pari. Sommer è simbolo di affidabilità, ma anche lui sa che arriverà il momento in cui dovrà lasciare il posto. E se i dirigenti hanno scelto di puntare su Martinez, io mi fido: il nostro è un ruolo diverso, per gente un po’… particolare».
(Gazzetta dello Sport)
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