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Psg-Inter, finale tra opposti: dal possesso ai moduli dei due tecnici. Due filosofie diverse

Andrea Della Sala Redattore 

"Luis Enrique ha giocato nel Barcellona allenato da Louis van Gaal, l’olandese ex Ajax, e come tecnico ha cominciato nel Barcellona B, quando prese il posto di Pep Guardiola promosso in prima squadra. Il Barcellona era e rimane fondato sulle idee di Johan Cruijff, il migliore degli olandesi, uno degli uomini che più hanno influito sul gioco, sia da calciatore sia da tecnico. L’impronta di Luis Enrique è olandese: possesso palla, pressioni, dominio. Rispetto al primo Guardiola, è più diretto, ricerca di più la verticalità. E nell’uso quasi sfrenato delle fasce si nota forse di più l’influenza dell’Ajax di Van Gaal, che manteneva Overmars e Finidi larghi sugli esterni, con Litmanen e Kluivert a imbucarsi nei vuoti centrali. Simone Inzaghi, da centravanti della Lazio, ha assorbito il calcio di Sven Goran Eriksson, ma l’allenatore svedese, nella sua esperienza laziale, non era più quello offensivista del Goteborg, del Benfica, della Roma. Aveva stemperato il furore, tendeva a sfruttare le qualità dei giocatori. Inzaghi lavora sulla piattaforma del 3-5-2, laddove Luis Enrique non si discosta dalla difesa a quattro e al Psg dal 4-3-3. L’Inter si adatta all’avversario. Quando può, impone il proprio palleggio. Quando l’avversario è superiore nel far girare la palla, come nelle semifinali contro il Barcellona, accetta la realtà e lavora sulle ripartenze".