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GdS – Inter, Marotta si aspettava transizione faticosa. Chivu aveva bruciato le tappe, ora…

Inter Chivu
In estate dopo il cambio di allenatore e il mercato, l'Inter aveva messo in preventivo che non sarebbe stato semplice ripartire
Andrea Della Sala Redattore 

In estate dopo il cambio di allenatore e il mercato, l'Inter aveva messo in preventivo che non sarebbe stato semplice ripartire. Chivu si è inserito subito alla grande, è entrato nella squadra e il lavoro già si vede. Serve, forse, un po' più di equilibrio.

"La speranza di Chivu è che la squadra sappia distrarsi con il passare delle ore proprio ricorrendo all’adrenalina dell’impegno agonistico: è un bivio troppo importante per la classifica, dopo la sconfitta contro il Napoli che intanto ha allungato a +6. Non è il caso di perdere altri punti contro i due grandi ex della serata, Stefano Pioli ed Edin Dzeko, che a loro volta cercano la prima vittoria di un campionato cominciato malissimo. Da sergente accorto, Chivu ha rincuorato i giocatori già allo stadio Maradona, invitandoli a non dimenticare il percorso che li aveva rilanciati in 38 giorni: sette sorrisi consecutivi tra Serie A e Champions League non sono rinforzi psicologici banali. Un episodio sfavorevole non deve innescare un loop di autolesionismo. Eppure le statistiche spaventano l’Inter: soltanto una squadra in mezzo secolo, la Juventus di Allegri nel 2015-16, ha vinto lo scudetto dopo essere stata battuta tre volte nelle prime otto giornate", sottolinea La Gazzetta dello Sport.

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"In fondo il presidente Marotta si aspettava una transizione faticosa quando si è separato da Simone Inzaghi, che lo scorso anno di questi tempi aveva 2 punti in più in classifica. Nessuno ha infatti imposto a Chivu di riempire subito la bacheca dei trofei. Ma i segnali positivi emersi dalle partite felici, dai vagiti di Amsterdam alla resilienza di Roma, avevano lasciato credere che la squadra avesse ormai assimilato i nuovi concetti strategici, basati sull’aggressività e la verticalità, nonostante la dolorosa assenza di Thuram. Il problema è che l’Inter prende troppi gol (11 in 8 partite: tredicesima difesa del campionato) e non riesce sempre a compensare le amnesie del sistema operativo con il miglior attacco della Serie A. Se capita una giornata storta davanti, come è successo a Napoli con Lautaro più impegnato a litigare con Conte che a segnare, le smagliature difensive che spesso diventano voragini costano cadute rovinose. Almeno negli scontri di alta classifica - dove è più complicato mascherare i difetti - che già dalla scorsa stagione sono stati poco remunerativi: l’Inter ne ha vinti solo 6 su 19, incamerando 24 punti su 57".

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"Resta la qualità complessiva dell’organico, arricchita in estate da un totem come Akanji e dalla freschezza di Bonny, Pio e Sucic, ad alimentare una sana ambizione: una squadra forte, ancorché imperfetta e anzianotta, è ontologicamente condannata a inseguire il top per soddisfare le aspettative. Non significa pianificare il party della vittoria, significa essere in zona qualora spunti un invito all’ultimo momento. La Fiorentina in questo senso è un test di solidità mentale, prima che tecnico. Serve una risposta alle rinnovate perplessità, che strisciano lentamente ma possono essere spazzate via in novanta minuti: l’aggancio al Milan migliorerebbe di tanto l’umore; ma il vero obiettivo è ottenere 9 punti nelle 3 giornate da qui alla sosta. Così la pace sociale sarebbe garantita", aggiunge Gazzetta.