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Burgnich: “Coronavirus peggio della guerra: ecco perché. Io nel mio piccolo provo a…”

Le parole dell'ex calciatore dell'Inter

Marco Astori

Intervenuto ai microfoni de Il Mattino, Tarcisio Burgnich, ex calciatore dell'Inter, ha parlato del momento difficile per l'Italia a causa dell'emergenza Coronavirus.

Paura del Coronavirus?

«Già prima non è che facessi chissà che tipo di vita mondana, ma adesso è meglio stare a casa e riguardarsi».

Insomma, è il primo a voler predicare la prudenza.

«Ci vuole tanta responsabilità da parte di tutti nonché la consapevolezza di poter essere pericolosi per il prossimo. Ecco perché ognuno deve limitarsi per un po' e stare casa».

Lei è della classe 1939, pertanto ha vissuto la seconda guerra mondiale: questo coprifuoco forzato le ha ricordato quei momenti?

«Anche quelli sono stati momenti difficili e indimenticabili, ma credo che qui si sta vivendo qualcosa di diverso».

Cosa intende?

«Innanzitutto per quel che riguarda gli sfoghi quotidiani: io ero un bambino e l'unico modo che avevano in famiglia per farci distrarre era quello di portarci a fare una passeggiata al parco o comunque all'aria aperta, mentre oggi questo non si può fare. La gente deve stare attenta e deve riguardarsi».

«Per certi versi direi proprio di sì. Perché in guerra ne morivano magari 30 al giorno, oggi ne muoiono più di 300. Mi sembra tutto più pericoloso».

«Nel mio piccolo provo a seguire alla lettera le indicazioni che danno i medici: ovvero stare a casa ed evitare il più possibile gli assembramenti. Dobbiamo tutelare la salute prima di tutto».

E il tempo come passa?

«Eh, questa è una bella domanda. Diciamo che mi sono dovuto adattare ai tempi: me ne sto a casa a fare dei lavoretti».

Lei ha smesso di giocare nel 1977 e di allenare nel 2001 quando ha lasciato la panchina del Pescara: oggi che non ci sono partite nemmeno alla tv, un po' le manca il calcio?

«In questo momento credo che anche il calcio abbia fatto bene a fermarsi. Siamo alle prese con un qualcosa di troppo grosso ed è bene tutelarci il più possibile. Peraltro una partita costituisce l'occasione per mettere insieme tante persone e ora stare insieme vorrebbe dire allungare ulteriormente i tempi dell'epidemia».

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