Chiudere il cerchio
—"Sembra la fine di tutto. E invece è solo l'inizio. Francesco sta pensando di ritirarsi dal calcio ma il pensiero della morte lo restituisce paradossalmente alla vita. Ora ha una ragione in più per darle un senso. Insegnare agli altri che il cancro si può sconfiggere con la prevenzione. Acerbi diventa un testimonial e riceve centinaia di lettere da altri giovani della sua età che il tumore ha colpito in quel punto così invasivo per l'autostima di un maschio. Francesco risponde a tutti. Nel frattempo si opera e guarisce, poi si riammala. Ma guarisce ancora, stavolta speriamo per sempre. Intanto in campo è sempre più forte. Passa alla Lazio dove però si appiccica con i tifosi perché lui ha un cattivo carattere. Come tutte le persone di carattere. Ma ormai è talmente bravo che gli arrivano offerte di grandi club. Di nuovo il Milan, la Juve, l'Inter. Un altro si consiglierebbe con amici, parenti, la moglie, l'agente. Lui no, ne parla con lo psicologo. Che gli dice: «Francesco, se vuoi chiudere davvero il cerchio con tuo padre, vai a giocare nella sua squadra del cuore. E così il milanista Acerbi diventa interista in memoria di un padre che non c'è più ma che in fondo c'è ancora e secondo me c'era anche martedì sera nascosto da qualche parte tra i tifosi dell'Inter".

Ancora un Francesco
—"Francesco adesso ha 37 anni, due anni in più del papà di Lamine Yamal, il fenomeno del Barcellona che gli sta giocando contro e che sta vincendo tre a due. Manco un minuto alla fine. Lui lascia la difesa e va. Non glielo ha chiesto l'allenatore, non glielo ha chiesto nessuno. Ha deciso tutto lui, da solo. Prende e va in attacco. Un difensore che in CL non ha mai segnato e mai tirato in porta. Lo troviamo nell'area di rigore del Barcellona. Dopo i litigi col padre, dopo l'alcool, dopo la depressione, dopo due tumori. E nessuno ci fa caso. Anche se è altissimo, pieno di tatuaggi, gli spagnoli - come si dice - non lo hanno visto arrivare. Il pallone della disperazione arriva forte, rasoterra, dalla destra, solo che lui è mancino, come farà a prenderla? E invece lo prende di destro e con un tocco in anticipo, come se fosse Lautaro, o uno dei vecchi centravanti dell'Inter, Altobelli, Boninsegna, come se fosse un attaccante vero fa il gol del tre a tre. Un delirio. Prende la maglia, la scaglia verso il cielo perché voglio vedere papà se adesso hai ancora qualcosa da dirmi. Poi arrivano i supplementari e arriva la vittoria. Il Papa ha cambiato nome. Ma nelle aree di rigore del mondo, c'è ancora un Francesco che fa miracoli".
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