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Italian forward Benito Lorenzi (right) in action during a World Cup first round match against Switzerland at La Pontaise, Lausanne, 17th June 1954. Switzerland won the match 2-1. (Photo by Keystone/Hulton Archive/Getty Images)
Borgo a Buggiano è un placido paesino collinare della provincia di Pistoia: qui, nella campagna toscana il tempo scorre lento e senza nessuna fretta, con il verde dei prati e degli alberi a incorniciare un villaggio come ce ne sono tanti altri in questa zona d'Italia.
Qui, il 20 dicembre 1925 inizia la storia di Benito Lorenzi: sono passati esattamente cento anni dalla nascita di uno dei giocatori più rappresentativi della storia nerazzurra, un attaccante che ha legato per sempre il suo nome a quello dell'Inter con le sue gesta tra il 1947 e il 1958. Lorenzi non è stato come gli altri, ma si è sempre distinto: per la sua bravura in campo, per il suo essere istrionico e senza eguali sul terreno di gioco, per l'animo grande fuori dal rettangolo verde. 11 stagioni in nerazzurro, 314 presenze e 143 gol, due Scudetti.
Lo chiamavano 'Veleno', un soprannome affibbiatogli dalla sua mamma, Ida. Sono tanti gli aneddoti che vanno a tratteggiare la figura di Lorenzi: le sfide con John Charles, il soprannome Marisa affibiato a Boniperti, lo schiaffo a Nyers, suo compagno d'attacco. Ma, soprattutto, l'episodio del limone nel derby 1957-1958. 6 ottobre 1957: rigore per il Milan, Cucchiaroni sul dischetto: tiro, alto.
La foto precisa del momento non esiste. Anche perché, nel parapiglia finale negli spogliatoi, al fotografo Celso Battaia ruppero addirittura il flash. Inter-Milan 1-0, nerazzurri avanti grazie a un rigore procurato da Lorenzi e segnato da Vincenzi. Nel finale, l’arbitro Concetto Lo Bello assegna un rigore al Milan. Lorenzi si avvicina alla panchina, chiede da bere, riceve mezzo limone. E lì, il genio si attiva. Quel mezzo limone viene piazzato sotto al pallone, sugli spalti si sbracciano, provano ad avvisare Cucchiaroni che non si accorge, riconcorsa, tiro, il pallone si impenna, alto. Finisce il derby, iniziano i colpi proibiti. Lorenzi, cattolico praticante, qualche anno dopo ammetterà: «Ho confessato tutto. Ho detto “Ho fatto una scorrettezza” e il prete che mi ha confessato era un interista e si è messo a ridere».
Ma la storia di Lorenzi ha altri racconti, come la sua amicizia con Valentino Mazzola, papà di Sandro. Valentino era il suo più grande sponsor nella nazionale italiana (dove Lorenzi giocò solo 14 volte, con 4 gol). E gli intrecci del calcio e della vita, dopo la tragedia di Superga, portarono di fatto Lorenzi ad "adottare" Sandro e Ferruccio, i figli rimasti orfani del grande Valentino. Li portò all'Inter, ogni anno li accompagnava a Superga a rendere omaggio al grande Torino. E di fatto, diede il via anche alla storia di Sandrino con l'Inter.
Attaccante straordinario, Lorenzi ha formato un trio d'attacco meraviglioso con Istvan Nyers e Lennart Skoglund, un trio che ha fatto innamorare dell'Inter tantissimi tifosi, che accorrevano all'Arena Civica di Milano ogni domenica per ammirare le magie del tridente nerazzurro. Una storia che si mescola alla leggenda, con Lorenzi, Nyers e Skoglund trasformati in veri e propri eroi mitologici dell'epica interista, figure dalle quali poi sono discese generazioni di campioni e fuoriclasse che si ispiravano a loro.
Lorenzi se n'è andato nel 2007, all'età di 81 anni: oggi avrebbe compiuto un secolo di vita, una vita iniziata nella piccola Borgo a Buggiano e destinata ad essere ricordata per sempre, incisa nel firmamento nerazzurro in mezzo alle stelle più splendenti della storia dell'Inter.
(inter.it)
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