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Inter, i dettagli che fanno la differenza. Chivu ‘mourinhiano’. Nerazzurri ottavi? È vero che…

Inter Chivu
Una frase del tecnico nerazzurro rilasciata al termine della gara col Genoa racconta la voglia di compattare la sua squadra
Gianni Pampinella
Gianni Pampinella Redattore 

Almeno fino a Natale l'Inter sarà in testa alla classifica. Approfittando dei passi falsi di Milan e Napoli, i nerazzurri si sono presi il primo posto prima di partire in Arabia per la Supercoppa. Come sottolinea il Corriere della Sera, quella di Chivu è una squadra senza pari.

"È senza mezze misure, capace di reagire sempre alle sconfitte nei big match, che però restano un piccolo tarlo. Con la Supercoppa alle porte, Cristian Chivu studia le contromisure per conquistare il suo primo trofeo da allenatore. E togliere così dalla sua Inter una di quelle etichette che non gli piacciono. Assieme a quella, comparsa dal nulla a Genova, secondo cui «si diceva che dovevamo arrivare ottavi o decimi perché eravamo finiti». Una frase, quella ripetuta da Chivu, che racconta come il tecnico voglia compattare la sua squadra, anche amplificando il famoso rumore dei nemici di mourinhiana memoria, se questo può tornargli utile".

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"Se nessuno ai nastri di partenza considerava l’Inter per l’ottavo posto, è anche vero che i dubbi sul tecnico con appena 13 panchine in A a Parma nel proprio curriculum erano diffusi fuori dai muri di Appiano. Senza contare che sul mercato Chivu non ha avuto dei titolari necessari per cambiare a fondo la squadra, ma ha saputo utilizzare bene l’attrezzatura a disposizione (un po’ usurata ma buona) per sanare le ferite della scorsa stagione e per iniziare a proporre la sua idea di calcio «dominante», alla ricerca di quell’equilibrio rotto da episodi sfavorevoli nei big match e dall’Udinese ammazzagrandi, che ha vinto a San Siro".

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"Un esempio dell’attività nel laboratorio del tecnico romeno e del suo staff arriva proprio dalla vittoria di Genova. L’Inter che è la squadra in Europa che di media effettua più cross (4.7 a partita) non è mai andata sul fondo con gli esterni Carlos Augusto e Luis Henrique. I due brasiliani sono rimasti volutamente abbastanza bassi, in modo da attirare la pressione dei loro dirimpettai genoani e consentire alle mezzali, Barella e Sucic di attaccare gli spazi. Anche la posizione di partenza di Pio Esposito è stata sempre molto bassa, nel cuore del campo, per fare da perno al gioco offensivo grazie alla sua protezione del pallone e lanciare in verticale Lautaro. Sono dettagli, ma nell’evoluzione costante dell’Inter fanno la differenza".

(Corriere della Sera)