editoriale

L’Inter ai tempi della rescissione

Un romanzo di millenari intrecci, che rincorre la passione preservandola dal logorio del tempo, dalle intemperie di un passato prossimo meno fulgido, dai ricordi per i quali é disposto a fare a pezzi qualsiasi cosa. L’Inter ai tempi della...

Sabine Bertagna

Un romanzo di millenari intrecci, che rincorre la passione preservandola dal logorio del tempo, dalle intemperie di un passato prossimo meno fulgido, dai ricordi per i quali é disposto a fare a pezzi qualsiasi cosa. L'Inter ai tempi della rescissione é un racconto lungo, che, dopo aver dichiarato ufficialmente i suoi intenti sta cercando la forza per metterli in pratica. Dopo aver più e più volte lasciato intendere che il capitolo della ricostruzione era dietro l'angolo e che si stavano semplicemente trovando le parole giuste per scriverlo, ecco che girando pagina abbiamo incominciato a scorrerlo in maniera febbrile. Nonostante tutto, inaspettata. Era arrivato il momento e non eravamo pronti. Almeno non tutti.

Non c'é un modo bello per dirsi addio, a meno che non si stia chiudendo una carriera o che si vada a fare tutt'altro nella vita e si abbia quindi tutto il tempo per predisporre i saluti. Quando si é condivisa così tanta intensità salutarsi con una semplice pacca sulle spalle non é pensabile. Per mesi l'Inter si é sentita ribadire che aveva troppi anni, che le gambe non avrebbero retto ulteriormente e che il cuore non poteva più sopperire alla mancanza di risultati. Nelle lacrime di Cambiasso, sintesi di come l'amore possa anche abbastanza naturalmente trasformarsi in frustrazione, qualcuno ci avrà probabilmente letto una fine che rischiava di sposare sfumature nefaste, se non si fosse fatto qualcosa di profondamente drastico. O di profondamente fisiologico. Che non poteva più essere rimandato.

Ecco che il primo obiettivo della società nerazzurra si svela con la necessaria crudezza. Ci sono ingaggi molto alti, non più sostenibili in questa nuova idea di Inter. E poi ci sono dei contratti che parlano chiaro e dicono quanto ognuno degli eroi del Triplete (perché di quelli essenzialmente parliamo) ha diritto a guadagnare da qui ad una manciata di anni. Allora si prova a trattare. Tutti vogliono l'Inter, pochi (e non é un giudizio) sono disposti probabilmente a volerla così tanto, da abbracciare un ridimensionamento dello stipendio. Possiamo solo immaginare come quelle posizioni ad un tratto distanti abbiano dovuto dimenticare la gratitudine reciproca e cercare, forse a volte invano, un compromesso spiccio e poco sentimentale.

Ricostruire senza passare attraverso le stanze del dolore é impossibile. Per anni la gratitudine ha stabilito che un'Inter diversa non potesse essere concepibile, né giusta. Desiderarla equivaleva a tradirla. E tutti, per ovvi motivi, ci siamo adeguati a questo tipo di venerazione. "Però l'Inter viene prima di tutto e l'Inter ha il diritto di fare le scelte che ritiene migliori." Le parole di Stramaccioni ci risvegliano dal torpore. E quelle pagine che prima ci sembravano troppo decisioniste ora ci appaiono in una luce diversa. Quasi naturale. Siamo al capitolo delle scelte. Scelte che vanno rispettate. Scelte che per mesi molti dei tifosi hanno invocato, ma che adesso improvvisamente risultano difficili da accettare.

Possiamo al limite discutere sulle modalità di metterle in pratica, queste scelte. Campioni come Lucio e (nel caso si dovesse davvero arrivare ad un addio definitivo) Julio Cesar e Deki  (sofferenza pura) avrebbero meritato il giusto congedo dai tifosi. Certo, sapendo che Lucio stava per diventare "gobbo" magari non si organizzava una festa indimenticabile, ma mettendo per un attimo da parte l'ironia, un applauso di ringraziamento, un giro al Meazza, un tributo sul campo con la maglia per la quale avevano speso tanto, se lo sarebbero sicuramente meritato. Ora sembra che non ci sia più tempo e che molte valigie verranno preparate in fretta e furia, armadietti svuotati con gesti veloci e un po' stizziti, il saluto che si tradurrà molto probabilmente in una dichiarazione poco felice con indosso già i colori di un altro futuro e che ci raggiungerà lapidaria dalle pagine di un giornale.

Per questo ci dispiace. Possiamo essere titubanti su come tutto questo stia sollevando più sofferenza di quanta non ne avessimo preventivata. Ma non sappiamo come siano andate esattamente le cose, non abbiamo idea se le trattative si fossero trascinate lente e inconcludenti per mesi, se le posizioni si fossero irrigidite con il passare del tempo. Il punto però non é questo. Tanto tempo fa abbiamo deciso di tifare per questi colori, a prescindere dagli uomini che li avrebbero indossati. É ancora così ed é una delle pochissime certezze dell'essere tifoso. Possiamo affermare con certezza che non li dimenticheremo mai. Nessuno di loro. Per quello che hanno fatto e per come lo hanno fatto. Perché sono una delle più belle pagine della storia nerazzurra. Ma non possiamo non guardare all'Inter di domani. Non possiamo essere titubanti proprio quando l'Inter ha deciso di cambiare e di ricostruire di buona lena. Nonostante la sofferenza per una serie di addii in fondo prevedibili, dei quali sapevamo tutto tranne una sola cosa. Che avrebbero fatto così male.

Twitter @SBertagna