editoriale

La sovrana incazzatura del popolo interista

Dietrofront. È arrivato il no di Thohir allo scambio Vucinic-Guarin, per molti è una brutta storia. E per certi versi lo è davvero. Storia che è pessima se si guarda alla gestione da parte della società nerazzurra e di chi dovrebbe...

Lorenzo Roca

Dietrofront. È arrivato il no di Thohir allo scambio Vucinic-Guarin, per molti è una brutta storia. E per certi versi lo è davvero. Storia che è pessima se si guarda alla gestione da parte della società nerazzurra e di chi dovrebbe rappresentarla, quanto a strategie e libro paga (e che paga!). Non voglio qui entrare in merito alla convenienza dell’operazione, già troppi i soloni che hanno sentenziato: “Conveniva più alla Juve” o “L’Inter avrebbe fatto un affare”. Non sforzatevi. Nessuno lo potrà mai sapere.

Ciò che mi preme analizzare è l’aspetto sociale ed emotivo di questa intensissima due giorni. Pleonastico soffermarsi sulla malvagia natura dello scambio saltato.

Giornalisticamente parlando la vicenda Guarìn-Vucinic è il massimo, poche storie, con l’Inter si va a nozze sfruttando in primo luogo la smunta barriera mediatica sin troppo salda invece per Milan (ultima perla, Seedorf accolto da Tg e giornali come Abu Mazen a Ramallah) e Juventus, e in seconda istanza avvalendosi della indubbia e annosa confusione societaria in casa Inter che favorisce gli spifferi maligni. Il messaggio pericolosamente veicolato dai media è che il mancato scambio Guarìn-Vucinic sia frutto di una decisione presa dagli ultrà. Quindi via al consueto sciabordìo di vetusta retorica sul mondo ultrà e distribuzione di ammonimenti dal pulpito di chissà quale tempio. Qui non solo dissento nel modo più totale. Mi incazzo.

Mi incazzo perché se ci sono dei problemi nel calcio, quello delle curve è uno degli ultimi della lista. Mi incazzo perché vengono raccontate sempre le stesse verità di plastica. Ma mi incazzo ancora di più perché è troppo semplice e vigliacco etichettare l’accaduto con titoloni e slogan quali: “La curva ha deciso”, “La Nord comanda”, “La Nord si oppone” e scemenze simili. Da gente che scrive di calcio da anni mi aspetto una disamina più approfondita della poliforme e appassionata comunità di fedeli che gravita intorno all’Inter. Quello di ieri è stato un giorno comunque da ricordare per le sue implicazioni positive.

Il giorno della ritrovata consapevolezza e identità nerazzurra. Uniti nell'incazzatura, un'incazzatura non solo lamentosa e disfattista ma costruttiva e reattiva. Un'incazzatura visceralmente interista.

Mi scopro fiero e sollevato nel constatare l’accorata partecipazione popolare della gente interista nell’affaire Guarìn-Vucinic, perché molti i tifosi, con buona pace di molti scriba, non sono solo quelli che ieri si sono presentati con striscioni o che hanno manifestato dal vivo in modo più che pacifico il loro niet all’operazione. Ma sono soprattutto coloro che hanno seguito spasmodicamente questa vicenda da casa, sul Web, in tv, nei ritagli di tempo di una quotidianità fatta di routine lavorativa e familiare. Con un tweet, un post, un blog, ma anche con un mouse disintegrato, un piatto rotto, una lasagna lanciata. Romantico, stupendo. Forse per alcuni suonerà rivoluzionario, ma da tempo esistono affollatissime congregazioni nerazzurre sui social network che ogni giorno parlano di Inter, approfondiscono temi, suggeriscono strategie e si scambiano centinaia di opinioni, spesso molto più pertinenti e competenti di tanta aria fritta che si respira dai media. Proprio da lì è partita la scintilla che ha acceso la miccia oltranzista di Thohir, presidente non giurassico che conosce bene la potenza del Web, che pur risiedeva distante più di un Oceano dal luogo del delitto. Non è un pirla Thohir, mentre molti si divertono a prenderlo per i fondelli come facevano del resto anche con Moratti.

A proposito, spero ora si comprenda appieno quale fosse il ruolo dell'esauritissimo ex presidente, autentico parafulmine salvifico per coprire il nulla che lo circondava. Mai una faccia messa davanti alle telecamere, mai una presa di posizione da un dirigente che non fosse Moratti. La sede della Saras per i giornalisti era come la Ka'ba per i musulmani.

Spero altresì che Erick Thohir abbia imparato molte cose da questa vicenda grottesca e dal colpo gobbo che è riuscito a sventare. In primis che in Italia purtroppo il calcio è un affare molto particolare, che esula dalle logiche di mercato e dalla gestione dei bilanci aziendali così come si fa nel mondo normale. In secondo luogo, che la sua presenza è necessaria o quantomeno la sua longa manus a Milano dev'essere chiaramente percepita e temuta dal gruppo con la presenza di un uomo fidato. Fidato significa di livello canino 5 stelle, un molossoide che non pensa, ma esegue. Un rottweiler, insomma. Infine mi auguro che si sia reso conto che stava per fare la fine del Duca Valentino nella congiura della Magione. Certe storie che gli avevano raccontato sulla triade Branca-Ausilio-Fassone forse non erano così lontane dalla realtà.

Sia lodato il popolo nerazzurro.