editoriale

Nel regno della moralità 

“Sono arrivato al Real che ero 85 chili, ne dovevo perdere cinque ma a Natale ho mangiato di tutto e sono arrivato a pesarne 91. Ero un bue. Facevo di tutto per mangiare e quando non ci riuscivo mi inventavo qualcosa. Il più grande...

Sabine Bertagna

"Sono arrivato al Real che ero 85 chili, ne dovevo perdere cinque ma a Natale ho mangiato di tutto e sono arrivato a pesarne 91. Ero un bue. Facevo di tutto per mangiare e quando non ci riuscivo mi inventavo qualcosa. Il più grande imitatore spagnolo se ne era accorto e mi imitava rappresentandomi come uno che scavalcava le reti di recinzione per mangiare. Mangiavo anche dopo il sesso e c'era chi era addetto a portarmi, dopo averlo fatto, i cornetti alla crema: sesso e cibo, la notte perfetta". E' questo il passo del libro di Cassano che ha colpito Antonio Conte al punto da volerlo citare in un comunicato stampa della società bianconera. Se per un calciatore, data la professione, è assolutamente immorale pesare come un "bue", non lo è di certo in senso assoluto. Mentre lo è abbastanza omettere di denunciare una combine. Che si tratti di calcio o di qualsiasi altro luogo più o meno immaginario. Un'omessa denuncia è e rimane un'omessa denuncia. Nel caso di Conte con l'aggravante del patteggiamento, che per quanto si sia tentato di interpretare snaturandone il significato originario rimane quello che è sempre stata. Un'ammissione di colpa.

"Mi sembra che il signor Cassano nella propria carriera abbia più volte dimostrato sul campo e fuori dal campo, vedi imitazioni di Capello al Real Madrid, o le corna mostrate all'arbitro Rosetti ed altri episodi, di non avere i requisisti richiesti dal sottoscritto." E' piuttosto evidente che Antonio Cassano, nonostante doti calcistiche pazzesche, abbia pagato la sua scarsa professionalità con una carriera altalenante. I requisiti sono importanti, ha ragione Conte. Chissà se un allenatore  può annoverare tra i requisiti la stretta conoscenza con un ultrà, peraltro accusato di associazione per delinquere e soggetto a Daspo (Gazzetta dello Sport di ieri, inchiesta sugli ultrà dell'Atalanta), al quale aveva inviato sms di solidarietà. E poi, chissà se tra quei requisiti così importanti, dal lato umano, c'è anche quello di negare ad un giocatore la gioia di assistere alla nascita di suo figlio. E poi ancora, può un allenatore permettersi di insultare i giornalisti chiamandoli con termini di dubbio livello, abbassandosi al piano di un tifosotto qualsiasi? Dove li troviamo tutti questi requisiti? Stiamo scorrendo da ore la voce "allenatore moralmente dotato". Invano. Nessuna di queste cose rientra nell'universo della moralità assoluta. Poi certo. Poi ci sono i mondi paralleli...

Twitter @SBertagna