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Sacchi: “Il Milan non è squadra, mandare via Pioli non risolverebbe i problemi”

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"La colpa principale? Il mercato estivo. Hanno preso soltanto giocatori stranieri, che non venivano da esperienze brillanti", dice Sacchi
Matteo Pifferi Redattore 

Nel corso di un'ampia intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha commentato così il momento complicato del Milan:

Che cosa sta succedendo al Milan?

«Semplice: non è una squadra. O meglio: lo è a volte e poi ritorna al buio. Non ha continuità, troppo altalenante. A Salerno non c’era un collettivo, ma un gruppo sparpagliato per il campo. Ognuno fa per conto suo. La difesa è in difficoltà, perché gli attaccanti non aiutano. Questo è il vero problema».


Situazione piuttosto complicata.

«Direi di sì. Il fatto è che ci sono giocatori che non hanno continuità di rendimento».

E poi s’infortunano spesso.

«Questo dipende anche dal fatto che il gioco non è quasi mai collettivo, ma individuale. Quando fai tutto da solo è più facile andare incontro a problemi fisici».

Sacchi: “Il Milan non è squadra, mandare via Pioli non risolverebbe i problemi”- immagine 2

La società non è soddisfatta. In queste condizioni, che fare?

«Non credo che si risolva il problema mandando via l’allenatore. Pioli ha fatto ottime cose, ma non è riuscito a dare continuità al suo lavoro. Però va detto che non so se ci sia in giro uno in grado di dare continuità a questa squadra».

Dove sta il peccato originale?

«A mio avviso nel mercato estivo. Sono stati acquistati soltanto giocatori stranieri, che non venivano da esperienze brillanti e, in più, dovevano abituarsi al calcio italiano. Ma lo vogliamo capire che per un ragazzo che arriva dall’estero è complicato sintonizzarsi sulla nostra lunghezza d’onda? Hanno avuto difficoltà anche grandissimi campioni. Se costruisci una squadra completamente nuova e basata sugli stranieri, sarebbe necessario avere pazienza. Ma la pazienza nel calcio, si sa, è una merce rara».

Colpa dei dirigenti, quindi?

«Non starei lì a cercare le responsabilità dell’uno o dell’altro, a patto di capire, però, che bisogna cambiare indirizzo. Qui sono stati presi giocatori senza sapere quali erano i loro pregi e i loro difetti. Un calciatore, prima di tesserarlo, va valutato, va seguito, va conosciuto. Io, quando presi Rijkaard, lo feci monitorare da vicino per quindici giorni: nella relazione che mi portò il mio collaboratore c’erano scritte anche le sue abitudini alimentari. I giocatori bisogna andarli a vedere di persona, vogliamo mettercelo in testa?».

Se fosse Pioli come si comporterebbe?

«Manderei in campo soltanto persone affidabili, quelle che danno le maggiori garanzie. Chi non ci sta, rimanga fuori. Al Milan dico una cosa: quando non c’è la forza morale, ognuno va per i fatti suoi. E’ quello che è accaduto a Salerno. Quindi, che scelgano prima di tutto uomini affidabili e che con questi formino un collettivo cui l’allenatore dovrà dare un gioco. Questa è la strada da seguire».

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