Fin dall'inizio Manuel Akanji aveva le idee chiare. Il difensore svizzero ha vissuto l'ultimo giorno di mercato con una certa frenesia e incertezza, alla fine è riuscito a vestire la maglia dell'Inter, anche se con tre anni di ritardo.
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Akanji: “Era Inter o niente, non serviva Sommer per presentarmela. Il futuro dopo il prestito…”
Lunedì mattina è andato prima a Basilea con la Nazionale. Significa che non pensava più a un addio al City?
Quando ho salutato la mia famiglia a Manchester ero convinto che, finite le partite internazionali, sarei tornato lì ad allenarmi. Ma appena arrivato in ritiro mi ha chiamato il mio agente Francesco Moretti dicendo che si muoveva qualcosa con l’Inter e poteva esserci un’opportunità. Sono rimasto a Basilea solo un’ora, giusto il pranzo, poi subito a Milano per le visite mediche e la firma in serata. Un vero via vai.

Gli italiani si sono fatti vivi solo lunedì?
No, l’interesse c’era già da tempo. Io ero subito disponibile, ma per prendermi dovevano prima cedere un difensore (Benjamin Pavard al Marsiglia, ndr). Tra l’altro, sarei probabilmente già andato all’Inter tre anni fa, se non fosse arrivata all’improvviso la chiamata del Manchester City. E non è uno scherzo: la mia prima maglia da calcio è stata quella di Christian Vieri, allora giocatore nerazzurro.
«Inter o niente trasferimento»: era questa la parola d’ordine?
La priorità era continuare a giocare ad altissimo livello, quindi in un top campionato e in Champions League. Di proposte ce ne sono state, ma l’Inter ha soddisfatto le mie aspettative. Su questo sono molto chiaro: non mi lascio convincere a fare un passo che non sento solo per chiudere un trasferimento.
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