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Birindelli: “Seconde squadre non sono un danno ma il punto è un altro”

Birindelli: “Seconde squadre non sono un danno ma il punto è un altro” - immagine 1
Alessandro Birindelli, ex Juventus ed attuale allenatore della Pianese, ha parlato a Tuttosport anche delle seconde squadre
Matteo Pifferi Redattore 

Alessandro Birindelli, ex Juventus ed attuale allenatore della Pianese, ha parlato a Tuttosport anche del rendimento dei bianconeri ma anche delle seconde squadre visto che oggi affronterà proprio la Juventus Under 23:

«Premessa: è sempre difficile fare valutazioni sul momento. Però, com’è successo anche a Tudor, viene sempre dato poco tempo all’allenatore, non lo si riesce mai a valutare a 360 gradi».

Quella di Spalletti, però, la ritiene una cura?

«Sembrava ci fossero dei giovamenti dopo l’addio di Igor, che la Juve dovesse andare in una direzione diversa. Diciamo che non ha ancora trovato quelle caratteristiche giuste per poter incidere».

Cosa gli serve per farlo?

«In primis occorre un periodo per conoscere bene i calciatori, sia tecnicamente che fisicamente. Solo così potrà mettere in pratica le sue idee. Anche l’altro giorno si è visto: Luciano sta tentando, sembra non aver trovato però la soluzione definitiva. Ai tifosi dico di dar tempo, a volte si lascia un lavoro a metà senza conoscere davvero la strada che stai abbandonando».

Birindelli: “Seconde squadre non sono un danno ma il punto è un altro”- immagine 2

Com’è successo al suo amico Igor Tudor?

«Ecco, anche le valutazioni su Igor sono state così, frettolose. E invece si fa fatica a capire bene. Ad oggi, per me, ha avuto ragione lui: i risultati non arrivano ancora, quanto visto con Spalletti non mi sembra di più. Aspettiamo un attimo prima di dare giudizi».

A proposito dei giocatori: è d’accordo con chi non vede personalità nei calciatori della Juventus?

«Non ci sono grandi leader all’interno del campo, e questo alla prima difficoltà o in un momento più complicato di un altro ti affatica. Più che altro, non riesci a trovare linee guida, un percorso da fare che sia più chiaro».

Come si supera?

«Per me il lavoro da fare è dare fiducia ai ragazzi: è quello che ti fa andare oltre le prestazioni, oltre i risultati. Alla Juve basterà qualche partita positiva in più, qualche vittoria ritrovata, per far scattare qualcosa e ridare autostima. In questo momento, alla Juve, la maglia pesa davvero il doppio: bisogna tener conto di dove sono e delle responsabilità».

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È rimasto deluso dagli attaccanti acquistati in estate?

«Lo dicono i numeri: sono questi, e sono chiari. Però dico pure che bisogna pure mettere le punte in grado di far gol, e allora serve qualcuno bravo a sviluppare. Ho la sensazione che manchi proprio un accompagnamento. Deve funzionare l’orchestra e non il singolo. E a volte lì la Juventus fa fatica. Poi, chiaro, ci si aspetta sempre di più da chi sulla carta merita certe considerazioni e certe cifre».

Tornando a stasera: ma le piacerebbe, un giorno, allenare la Juventus Next Gen?

«Parto sempre dal presupposto che i matrimoni si fanno in due. Io non mi precludo nulla, ma qui a Piancastagnaio, nella provincia di Siena, ho trovato un progetto, un direttore di livello. Ecco, che sia Juventus o Piancastagnaio mi cambia davvero poco: guardo dove c’è qualcosa da costruire o da rincorrere, un obiettivo da raggiungere. Nella mia esperienza da tecnico, in fondo, cerco questo».

Sulle seconde squadre: sono necessarie o tolgono spazio a favole come la vostra?

«Per me non sono un danno, come non tolgono spazio a nessuno. Anzi: andrebbe secondo me caldeggiato in maniera più forte, con più sostegno. Tutto il sistema lo accetterebbe meglio. Il punto è un altro: perché lo fanno solo due o tre squadre?».