Fulvio Collovati, ex difensore di Milan e Inter, ha parlato ai microfoni de Il Giorno del tema San Siro: "Io a San Siro ci sono cresciuto, perchè a 13 anni faceva il raccattapalle e quando il pallone andava fuori non vedevo l'ora di consegnarlo al mio idolo, Gianni Rivera. Poi a 18 anni ho realizzato il mio sogno: da giocatore, in Serie A con il Milan per poi passare all'Inter. Dal 1970 al 1986 ho calpestato quel terreno di gioco e oggi ci vado da commentatore. Però vedo tanta confusione e la cosa mi rattrista".

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Collovati: “San Siro è fatiscente, in tribuna con l’ombrello durante telecronaca”
Se toccasse a lei dover decidere?
"Ho girato il mondo. Nel "vecchio" Bernabeu ci ho vinto un mondiale con l'Italia, lo hanno rimesso a nuovo e adesso continua a giocarci il Real Madrid. Anche quello di Wembley è stato risistemato ed è la casa dell'Inghilterra. Per non parlare del Parco dei Principi di Parigi. Possibile che qui a Milano non si riesca a valorizzare un impianto che rappresenta la storia del calcio? Vero, magari la città merita un altro stadio, forse due. Ma perchè si dovrebbe rinunciare a San Siro o, come qualcuno vorrebbe, abbatterlo? Lo si può usare per la nazionale, diventerebbe un museo del calcio mondiale. Cominciassero a ristrutturarlo".
Anche perchè così non può rimanere. Ha già perso la finale di Champions del 2027 e gli Europei del 2032...
"Nessun dubbio sul fatto che San Siro debba essere sottoposto a lavori, perchè è fatiscente. Pochi mesi fa ero a fare una radiocronaca di Champions con l'Inter in campo, e in tribuna avevo l'ombrello per ripararmi dalla pioggia. Una cosa assurda. Bisogna renderlo moderno, cercando di rinnovare le zone limitrofe, lasciando però che lo stadio resti uno stadio".
Nella malaugurata ipotesi che si decida di abbatterlo?
"Dovrebbero ricostruirlo. Perchè San Siro è San Siro, la nostra memoria. Quando hanno rifatto il "Bernabeu" potevano rinominare lo stadio "Alfredo Di Stefano", invece nulla è cambiato. Il Bernabeu è rimasto, più moderno e accogliente. Forse sono un nostalgico, forse faccio parte di un'era in cui si privilegiavano i sentimenti, e non gli aspetti economici. Ma se a Madrid, Parigi e Londra gli stadi storici esistono ancora, spero ancora che a Milano non si calpesti un pezzo di storia".
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