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Chiellini nel suo libro la definì “mela marcia”. Ormai è acqua passata, ma le è dispiaciuto?
«Chiellini è stato un grandissimo, aveva solo il vizio di tenere sempre le braccia larghe... Quando lo fece con me gli dissi: “Se lo fai di nuovo ti spacco”. Questo è successo. Poi lui era il numero uno dei professionisti, e io ancora non lo ero. Del suo libro francamente non me ne frega un c..., io ho preso la mia strada e lui la sua. Ma se lo incontro, lo saluto volentieri».
Poi la terza vita in Italia: l’Inter.
«Mi dispiace solo esserci stato poco, il secondo anno è arrivato quell’olandese che capiva poco di calcio e non parlava italiano, meno male che poi Pioli ha raddrizzato la baracca. L’Inter è il mio sogno da bambino, per andarci ho rinunciato a un sacco di soldi, avevo appena rinnovato al Galatasaray, e all’idolatria che quel popolo nutriva per me. Non c’è nemmeno da pensarci: Mancio mi manda un messaggio “Dai, vieni da noi”, e non posso dire di no. Arrivo prima del derby senza nemmeno passare dal ritiro, gioco, do tutto, vinciamo, i cori per me... meraviglioso».
Ha qualche rimpianto in carriera?
«Tantissimi! Ho sbagliato in tutti i club, ma solo Gesù Cristo non ha sbagliato mai. Ogni errore ti migliora, come uomo e come giocatore, e se sono arrivato fino a 41 anni in campo è stato grazie a quello che ho imparato sbagliando».
Cosa farà ora che ha smesso di giocare?
«L’allenatore. Ho fatto il corso di base, tra un anno avrò il patentino. A chi mi ispiro? Mi piace Thiago Motta, ma sarò uno alla Mancini. Ho già lo staff pronto. E se mi chiede se voglio allenare l’Inter tra qualche anno, le rispondo che ci metto la firma» .
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