Vediamo come? Retegui.
«Dentro l’area resta un cecchino: controlla la palla, si gira e tira. Però è cresciuto nel gioco spalle alla porta: come appoggia per i compagni, offre una sponda, viene incontro ad aiutare la squadra. Sempre di posizione, però più mobile: così dà anche meno punti di riferimento».
E Kean?
«Moise resta potenza unita alla tecnica, ma prima non era così finalizzatore: meno da area, più di movimento. In questo si è perfezionato, è migliorato molto nelle cosettine che gli mancavano, anche se nel primo controllo, rispetto a Mateo, ci mette ancora un pochino di più a sistemarsi la palla. Però, mentre a Retegui devi un po’ portarla, per farlo tirare, Kean se la porta in zona gol anche da solo, per cercare la porta».
La domanda chiave: possono giocare insieme?
«Sì, possono: anche per quello che ho detto prima, a proposito del fatto che stanno vivendo una stagione di maturazione calcistica e completando il loro repertorio abbastanza per diventare due punte top. Poi, dipende dal tipo di partita da giocare».
Ovvero?
«Se giochi con il 3-5-2 e trovi una squadra con il blocco basso, che sta lì al limite dell’area, è più difficile “scavare” situazioni e sei più pericoloso se hai due punte da area di rigore. Provo a fare dei nomi, per esemplificare: come esterni Dimarco e Cambiaso non sono come Kvaratskhelia e Politano, uomini che vanno sugli spigoli vicino alle bandierine e quando devi accerchiare l’avversaria saltano l’uomo. Così porti palla da una parte all’altra e fai saltare il banco. Se invece hai uomini più da tutta fascia che uno contro uno, non salti l’uomo ma vai per il cross: e allora con due centravanti come Retegui e Kean occupi meglio l’area. E una può essere poca, per andare a fare gol. Ecco, allora, che possono giocare insieme, sì».
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