Brava anche la Viola a non perdersi d’animo, nemmeno di fronte all’ingiustizia subita, e capace di trovare il pari con Mandragora su un rigore per un mani di Darmian che probabilmente in un’altra partita non sarebbe stato fischiato. Risultato: nervi tesi, pedate, insulti, gialli su gialli, compresi quelli ai due allenatori, fino alla fine del primo tempo. La ripresa si è aperta con il 2-1 interista segnato da Arnautovic, entrato al posto di Thuram, fuori per una botta a una caviglia, e poi uscito a sua volta, dolorante a unacoscia. Lì è cominciata la lunga gestione dei padroni di casa, sostenuti dai 67mila di San Siro. Quanto ci tenessero si capiva già un’ora prima del via, quando il pullman è stato accolto in parata, con fumogeni e bandiere, come fosse una finale.
"L’urlo più forte della serata, prima delle esultanze per i gol, è stato il “Simone Inzaghi” scandito alla lettura delle formazioni. È il segno che lo stadio, nel momento della verità, si è stretto intorno all’allenatore, senza credere alla fronda di tifosi da social secondo cui il tecnico dovrebbe fare di più con la rosa che ha. Era lui il più tarantolato. Più di Lautaro, che dopo 53 secondi aveva già calciato in porta. Più di Acerbi, tornato dall’infortunio, che per prenderla di testa l’ha tolta a Çalhanoglu. Simone non riusciva a stare fermo, al punto da costringere i raccattapalle a spostare il cono che regge il pallone a bordo campo, perché ci andava a sbattere", aggiunge Repubblica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA