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MILAN, ITALY - DECEMBER 06: Head coach of FC Internazionale Cristian Chivu gestures during the Serie A match between FC Internazionale and Como 1907 at Giuseppe Meazza Stadium on December 06, 2025 in Milan, Italy. (Photo by Mattia Ozbot - Inter/Inter via Getty Images)
Cristian Chivu fa bene a non calcare la mano su quel tema lì. Inter-Como è stata di sicuro anche la sua rivincita, prova del 9 di quanto legittima comunque sia stata la scelta di affidargli la panchina nerazzurra questa estate.
Ma non serviva battere Fabregas, colui che inizialmente era il prescelto, per consolidare una posizione già solidissima. Nei 90' di ieri sera c'è tanto altro, al di là del confronto tra i due allenatori. Perché la bravura di Chivu si nota a prescindere, per quello che è stato il percorso che ha portato la squadra a esprimersi nuovamente su certi livelli. Tra le varie note liete c'è anche la sua soddisfazione personale, ci mancherebbe, ma non chiedetegli di ammetterlo: ormai abbiamo imparato a conoscerlo, non presterà il fianco a certe speculazioni.
Il post partita infatti è filato liscio sul binario della coerenza. Elogio alla prestazione della squadra, tra la carota per il risultato e il bastone per aver sciupato qualcosa e non aver sfondato il muro della perfezione in alcune fasi. Funziona così, è il primo capitolo del manuale di psicologia dell'allenatore che il rumeno nasconde sotto al cuscino ogni notte: mitigare sempre il clima in conferenza, evitando eccessi di euforia o disperazione in base al risultato di turno.
"Non sono a caccia di reputazione", ha risposto poi a chi ha provato a trascinarlo sul piano del confronto con l'allenatore spagnolo. Non ha fatto una piega, dribblando la domanda in perfetto stile. La cosa più importante per lui è rimanere se stesso: fonde la consapevolezza e l'ambizione del campione al pragmatismo di chi ha decenni di esperienza in questo mondo.
Sa bene che ciò che succede oggi, potrebbe tranquillamente essere stravolto domani. Tanto vale godersi il momento e pensare a come migliorarsi ogni volta. Proprio ciò che ha fatto da quando è arrivato all'Inter. La base di partenza solida per ridare credibilità a una squadra stravolta dallo scorso finale di stagione. Si godrà la vetta ancora per qualche ora, nella peggiore delle ipotesi. Senza voli pindarici, perché le curve insidiose sono ancora tante.
Ma intanto ha sfatato un altro tabù, chissà se sarà sottolineato a dovere. Quella di ieri è infatti in tutto e per tutto una vittoria in uno scontro diretto. Un ruggito feroce contro una squadra arrivata a San Siro con appena 3 punti di distanza. Sognava lo sgambetto, è finita per sgretolarsi. Per un tipo di calcio che senza dubbio agevola l'Inter, ma anche perché i nerazzurri sono tornati a esprimersi all'apice del loro potenziale.
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