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Vocalelli: “Inzaghi e Allegri tecnici aziendalisti. Alla perfezione ruolo allenatore-manager”

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Il giornalista ha accostato i tecnici di Inter e Juve evidenziando il loro atteggiamento positivo nei confronti dei due club

Inzaghi e Allegri sono i protagonisti della Serie A, Inter e Juve si giocheranno il campionato fino alla fine e il merito è anche dei loro tecnici. Entrambi con il 3-5-2, ma con idee di gioco diverse. Ne ha parlato il giornalista Alessandro Vocalelli su La Gazzetta dello Sport:

"Ma non è solo questo che li accomuna, anzi. Perché la caratteristica meno reclamizzata, ma forse più evidente, è che entrambi hanno valorizzato al massimo la figura dell’allenatore…. aziendalista. Che non vuol dire accettare tutto, ma piuttosto - ed è importantissimo - non pretendere sempre qualcosa di più . In nome di un calcio sparito. Già, perché ci sono tecnici che sembrano essersi fermati ad un mondo finito. Quello dei grandi investimenti, anzi delle spese pazze, fatto di richieste sempre più alte, impossibili da conciliare con i tempi attuali. È finito il tempo delle squadre costruite grazie ad acquisti sempre più costosi. Anche se c’è ancora chi si aspetta, in estate, colpi continui da copertina. Chi magari martella per tutta la stagione, aspettando che si riapra il mercato di gennaio. Forse, più banalmente e più scientificamente, per costruirsi un alibi. I risultati non arrivano? Certo, manca un terzino, un centrocampista, una riserva di lusso…".


Vocalelli: “Inzaghi e Allegri tecnici aziendalisti. Alla perfezione ruolo allenatore-manager”- immagine 2

Inzaghi ed Allegri hanno e stanno invece interpretando alla perfezione il ruolo dell’allenatore-manager, che vuol dire consigliare, confrontarsi, sempre però nel rispetto delle esigenze del club. Inzaghi non ha fatto una piega, non ha battuto ciglio, quando gli sono stati annunciati gli addii di Lukaku ed Hakimi. Non si è disperato per la cessione di Onana, che pure aveva contribuito a valorizzare non solo come portiere. Ma anche dal punto di vista del valore patrimoniale. Non ha dato in escandescenza dopo il repentino cambio di direzione di Lukaku, pochi giorni dopo la cessione di Dzeko. Ha atteso con fiducia che i dirigenti facessero il loro lavoro, preoccupandosi nel frattempo di trarre il meglio della rosa a disposizione.

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Ancora di più, si potrebbe dire, ha fatto Allegri. Che, con un curriculum e un prestigio da difendere, avrebbe potuto manifestare tutte le proprie perplessità di fronte al nuovo programma della società, costretta degli ultimi eventi a cambiare strategia. Invece di lamentarsi si è concentrato sul suo lavoro di… allenatore. Ha rivitalizzato calciatori che sembravano finiti ai margini - proprio come McKennie - ha lavorato su chi era reduce da continui infortuni - come Vlahovic - riportandolo ai livelli migliori. Ha lavorato sui giovani fino a portarli a un ruolo da protagonisti. Insomma, essere aziendalisti - che vuol dire far bene il proprio lavoro nel rispetto della strategia del club - sta premiando. In termini di risultati e di compattezza. Perché anche questo, coinvolgere tutti in progetto comune, vuol dire sapere fare squadra. E, nel loro caso, anche saper creare ottime Squadre.

 

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