editoriale

L’è istess

Per fortuna che la settimana di preparazione al derby é stata una settimana corta. Un guizzo veloce. Alzarsi tutte le mattine e spalancare le pagine sportive su amletici interrogativi quali cosa preferirà fare l’Inter domenica sera...

Sabine Bertagna

Per fortuna che la settimana di preparazione al derby é stata una settimana corta. Un guizzo veloce. Alzarsi tutte le mattine e spalancare le pagine sportive su amletici interrogativi quali cosa preferirà fare l'Inter domenica sera (perdere per evitare lo scudo alla Juve o vincere e fregarsene) stava diventando irritante. O meglio, surreale. Non lo so, ditemelo voi. Cosa preferirebbe fare una squadra nella partita più attesa dell'anno? Rimuginare sul male minore, scansarsi o attendere notizie dall'altro campo? Questa domanda é semplicemente vergognosa. Vergognatevi. Ed abbiate rispetto per chi la propria squadra é abituato a seguirla anche quando perde tutto all'ultima giornata di campionato o quando sa che tanto é tutto inutile perché é tutto già stato deciso. Noi c'eravamo sempre. Non solo sotto il sole festante di Madrid.

In Italia si blatera a profusione e si afferma con orgogliosa consapevolezza che non c'é cultura sportiva, che all'estero applaudono serenamente squadre retrocesse e qui invece obbligano i giocatori a privarsi della maglia offrendo uno spettacolo miserevole. Queste Sono Solo Parole. Perché poi allora devo leggere sul massimo quotidiano sportivo: Interista, nel derby tifi Milan? Gli da manforte SkySport che lancia il dilemma derby: occhio Inter, che se batti il Milan consegni lo scudetto alla Juve. Quale genere di cultura sportiva insegnate? Provate a farla ad un tifoso inglese una domanda del genere. Potrebbe avere una reazione in stile Delio Rossi.  E non mi sentirei di condannarlo, per questo.

Ci sono poche certezze che resistono nel tempo. Una di queste riguarda la propria squadra. La cosiddetta melina non la accetto nemmeno nei dieci minuti finali, quando tutto é già stato scritto. Si scende in campo per vincere, sempre, fino all'ultimo minuto. Se l'idea di partenza é diversa avete sbagliato sport, carriera, destino. Sarà forse un caso che proprio in prossimità delle penalizzazioni legate al nuovo filone del calcioscommesse le squadre in questo finale di campionato abbiano tutte più o meno giocato alla morte? É così che dovrebbe essere. Si chiama calcio.

Diamo per scontato che non esista nessuno di così folle da sperare in una sconfitta contro quella squadra a strisce rossonere che incontreremo tra poche ore. Diamolo perché ci sentiamo buoni, oggi. Tutto il resto ci riguarda di striscio. Tutto il resto é ordinaria amministrazione. In questo campionato che vede protagoniste due squadre profondamente nemiche c'è un vuoto che urla la sua assenza a squarciagola. Siamo noi a mancare, non loro ad esserci (in una esilarante rincorsa a chi é stato semplicemente meno mediocre). Ricordatevelo. É da qui che si riparte. Chi vincerà lo scudetto? L'è istess. Per noi C'è solo l'Inter. Stasera, domani, sempre. E non certo dal 22 maggio 2010.

P.s: nella foto il giocatore simbolo di uno dei derby più spettacolari della recente storia nerazzurra. Lui giocò 20 straordinari minuti. Il derby lo vincemmo in 9. Ma come disse qualcuno, lo avremmo vinto anche in 7.

Twitter @SBertagna