editoriale

Tutta un’altra storia

Per tornare all’ultimo derby giocato è necessario riavvolgere il nastro e immergersi in quella che più volte è stata definita la settimana di follia nerazzurra. Lo facciamo controvoglia e con sofferenza, consapevoli che in quella brutta...

Sabine Bertagna

Per tornare all'ultimo derby giocato è necessario riavvolgere il nastro e immergersi in quella che più volte è stata definita la settimana di follia nerazzurra. Lo facciamo controvoglia e con sofferenza, consapevoli che in quella brutta prestazione ci sia una importante chiave di lettura. E' vietato dirlo apertamente ma se c'è una partita che non si può perdere è quella con i rossoneri. Qualsiasi partita, figuriamoci una finale di Supercoppa. A Dublino Gasp ha provato tantissimo, senza privilegiare nessuna soluzione in particolare o forse è quello che voleva che gli altri credessero. Una staffetta di cambi per mettere minuti nelle gambe e testare, in poco tempo, una nutrita serie di caratteristiche. Quelle necessarie ad affrontare un derby e che non risiedono esclusivamente in gesti tecnici apprezzabili e giocate ardite. L'elemento essenziale che potrebbe fare la differenza a Pechino è l'unico che non è stato testato in Irlanda. Si chiama cattiveria agonistica.

Tornando all'ultimo derby giocato ci scorrono sotto gli occhi le immagini degli avversari che come gladiatori impazienti attendevano l'ingresso dell'Inter a San Siro. Per una sera quello stadio è stato davvero l'inferno, in campo e sugli spalti. Erano tutti pronti, vigili e concentrati. Noi, invece, forti di un passato illuminato dalle vittorie, eravamo sereni. Troppo. Una tranquillità spensierata e fuori luogo. Con quello spirito si poteva al massimo partecipare ad un pic-nic, non di certo recarsi in guerra. E guerra fu. Ne uscimmo con le ossa rotte e la stagione subì una brusca frenata. Quella partita mise a nudo tutti i difetti che avevamo fatto finta di non vedere. Li avevamo volutamente ignorati ed improvvisamente erano talmente evidenti da abbagliarci.

In questi due giorni a Dublino abbiamo visto sprazzi di intese positive. Lo schema Wesley-Stankovic su corner prima o poi darà i suoi frutti e il pallone si stamperà in rete, invece che poco fuori. Castaignos sembra avere ottimi numeri in serbo e una grinta capace di sostenerli. Il Pazzo insegue il gol come fosse una fanciulla attraente e non si dà pace fino a quando non la seduce. Eto'o c'è sempre, soprattutto nelle finali che per il camerunense rappresentano una routine. Vecchie certezze e nuove proposte. Gasp dovrà trovare l'impasto giusto, dargli la forma corretta ed essere pronto a modificarla in corsa, se necessario. Dovrà soprattutto ripartire da lì. Da quell'ultimo derbuy maledetto. Dalla voglia di riscatto che i rossoneri avevano saputo fin troppo bene trasformare in azioni letali, in gol e da ultimo in una vittoria. Quella voglia smodata di riscatto dovrà brillare nei nostri occhi dal primo all'ultimo minuto della gara. In bilico tra il sogno e l'ossessione. Solo così quella a Pechino sarà tutta un'altra storia.