editoriale

Un senso non ce l’ha

E’ evidente che per i giudizi finali sarà necessario attendere il calar della sera dell’ultimo giorno del mese. Quando questa dolorosa finestra di mercato tornerà a chiudersi, lasciandoci in solitudine a leccarci le ferite. Perché...

Sabine Bertagna

E' evidente che per i giudizi finali sarà necessario attendere il calar della sera dell'ultimo giorno del mese. Quando questa dolorosa finestra di mercato tornerà a chiudersi, lasciandoci in solitudine a leccarci le ferite. Perché ad oggi di questo si tratta. Sofferenza pura e per nulla catartica. Come non succedeva da molto, gli incroci delle costellazioni più sfavorevoli si sono radunati e hanno disegnato una giornata insostenibile. Roba da augurarsi che gennaio venisse cancellato dal calendario.

E' stata la giornata delle incongruenze. Dichiarazione dopo dichiarazione, ogni possibile giustificazione alle scelte perpetrate perdeva consistenza. Eppure ci siamo sempre sforzati di capire. Consapevoli di dover fare i conti con i soldi, che se non ci sono non si possono inventare. Ma un po' più di onestà era d'obbligo. Cessioni dolorose solo per acquisti di un certo livello non si traducono in cedo Sneijder+Coutinho+metà di Livaja e prendo Schelotto. E' un'equazione di difficile comprensione, questa. Soprattutto se cedi un giovane e promettente di vent'anni, come ha ribadito Branca oggi, forse per complimentarsi con il Liverpool dell'affare. Già. E non facciamo fatica ad immaginarci che Paulinho avesse altro da fare piuttosto che venire all'Inter. Magari era meglio cercare di capirlo prima. Magari mediaticamente un dignitoso silenzio stampa avrebbe aiutato. 

Con queste premesse è difficile credere che l'obiettivo del terzo posto sia a portata. E le "critiche" non vanno tanto ai non rinforzi (siamo tutti d'accordo sul fatto che Rocchi non possa venire annoverato sotto questa voce, giusto?) quanto alle cessioni che suggeriscono un ulteriore indebolimento. Coutinho e Livaja (quest'ultimo dovrebbe entrare a far parte della trattativa per Schelotto) potevano fare comodo. Sarebbe stato nettamente più gradevole non raggiungere gli obiettivi, ma arrivare a fine stagione con due-tre giovani inseriti in rosa. Era davvero così utopico crederlo? Stiamo sbagliando tutto?

Come se tutto questo non fosse sufficiente è stata la giornata di Mario al Milan. Uno scenario preannunciato da anni, regolarmente archiviato come impossibile. Che lo abbiate amato oppure odiato la situazione non cambia. L'annuncio non vi avrà lasciato indifferenti. E come avrebbe potuto? Un passaggio che ci ricorda uno dei tanti giovani cresciuti in nerazzurro, poi venduti. Lungi dal fare le vedove, se guardiamo tutti i nomi sfornati dalla Primavera nerazzurra negli ultimi anni due domande e quattro sospiri ci scappano. No, non ve li riproponiamo. Questa giornata è stata fin troppo dura. 

Sopravvivremo anche stavolta, non temete. Ce ne vuole per smettere di amare questi colori. Chiediamo solo più onestà nelle dichiarazioni. Dobbiamo vendere perché non arriviamo alla fine del mese? Non è necessario dirci che per forza arriverà un nome di peso. In tutto questo però non scordiamoci che il futuro non è una parentesi che si esaurisce in pochi giorni. Da come ci piazzeremo a fine stagione dipenderanno i discorsi di giugno (discorsi che ora preferiamo davvero non affrontare, soprattutto se nella frase è contemplata la parola Paulinho). Un serpente che si morde la coda, insomma. Rimane una via. Nel calcio ai tempi del fair play non esiste un'altra strada, per chi non può permettersi i grandi nomi, se non quella di aprire ai giovani e aspettarli con pazienza. Non tutti saranno pronti, certo. Ma quei pochi magari eviteremo di ritrovarceli in rossonero tra un paio di anni. Cosa che davvero un senso non ce l'ha.

Twitter @SBertagna