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Gosens: “Champions? Se passiamo vorrei il derby in semifinale. Trasferimento all’Inter un dono”

Inter Gosens
Intervistato da La Repubblica, l'esterno tedesco ha parlato del suo passaggio all'Inter del cammino in Champions dei nerazzurri

Andrea Della Sala

Intervistato da La Repubblica, l'esterno tedesco ha parlato del suo passaggio all'Inter del cammino in Champions dei nerazzurri

Angela Merkel, parlando con l’ex premier italiano Mario Draghi, l’ha citata come esempio d’impegno.

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«Il video di quel discorso me lo hanno girato molti amici, una grande soddisfazione. La cancelliera è anche venuta con noi in ritiro prima dell’Europeo. Sono riuscito a farle una domanda».

Cosa le ha chiesto?

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«Cosa si prova a vivere una vita senza privacy».

Nel tempo libero lei si dedica al triathlon. Un poeta dell’antica Roma, Giovenale, diceva “mens sana in corpore sano”. Aveva ragione?

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«Quando la testa non funziona, le gambe non vanno da nessuna parte».

Battendo il Benfica, in semifinale di Champions potreste incontrare Milan o Napoli. Chi preferisce?

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«Mi piacerebbe il derby. Ho avuto la fortuna di giocarne tre, è un’emozione incredibile, forse unica al mondo. È il massimo che un giocatore possa vivere. Pressione, tifo, tensione. Pensa a tutto questo in una semifinale di Champions: ciao».

Avete battuto Barcellona e Porto, ma in campionato avete perso contro squadre meno forti di voi. Da calciatore come se lo spiega?

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«Ci sono più fattori. Piccole cose che insieme fanno la differenza: attenzione, movimenti, approccio».

E da psicologo?

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«Dopo le grandi vittorie non riusciamo a fare il necessario reset mentale. Probabilmente, a livello inconscio, siamo portati a pensare: se ho vinto col Barcellona, non posso perdere con lo Spezia. Ma è un grande errore. In Serie A non ci sono partite facili. Dobbiamo imparare a fare tabula rasa dopo ogni match».

All’Inter c’è una psicologa.

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«È disposizione di tutti, è preziosa. Io ci vado ogni settimana e lo consiglio ai giovani. Ci aiuta a staccare coi pensieri dal calcio, è importante per dare il massimo. Nel mio periodo di carriera migliore ho scritto un libro motivazionale, ora ne sto scrivendo un altro per bambini».

Con suo figlio in cosa è diverso da come suo padre è stato con lei?

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«Nulla, papà è il mio punto di riferimento. Penso di essere un uomo abbastanza piacevole ed empatico, quindi ha avuto ragione lui».

Chi è il suo idolo come calciatore?

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«David Alaba. Ha giocato in tutti i ruoli, dal difensore al numero 10, con qualità assurda. Abbiamo parlato, mi ha promesso la sua maglia».

Dove immagina il suo futuro?

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«C’è solo l’Inter. So che nessuno mi ha mai regalato nulla in carriera, ma il trasferimento alla Pinetina l’ho vissuto come un dono. È una delle squadre più grandi al mondo, voglio dimostrare di meritarla».

Finora non è stato così?

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«Sono onesto, so che per troppo tempo non sono stato il giocatore che l’Inter pensava di avere comprato. Ne ho parlato anche con Marotta e Ausilio. Avevo sottovalutato quanto gli infortuni potessero influire sul mio gioco, molto fisico. Se sei sempre un secondo in ritardo rispetto all’avversario, c’è poco da fare. Ora sto bene, posso fare vedere chi è il vero Robin».

Cosa deve fare per riprendersi il posto nella nazionale tedesca?

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«Diventare titolare all’Inter. La nazionale è una conseguenza».

Lei ha la doppia cittadinanza, avrebbe potuto scegliere anche l’OIanda. Ci ha mai pensato?

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«Sì, lì è nato mio padre, ci ho vissuto. Ma ho deciso di aspettare la chiamata della Germania. Mi sento tedesco. Sono tedesco».

 

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