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Un anno di Mancini: “Emozionante, intenso e faticoso”. Da quel 14/11/2014…

Esattamente un anno fa, il 14 novembre del 2014, Roberto Mancini, si sedeva sulla panchina dell’Inter al posto di Walter Mazzarri e il breve virgolettato riportato oggi dalla Gazzetta dello Sport: “Il mio primo anno interista in tre parole?...

Riccardo Fusato

Esattamente un anno fa, il 14 novembre del 2014, Roberto Mancini, si sedeva sulla panchina dell’Inter al posto di Walter Mazzarri e il breve virgolettato riportato oggi dalla Gazzetta dello Sport: “Il mio primo anno interista in tre parole? Emozionante. Intenso. Faticoso”, raccoglie 365 giorni di lavoro in casa nerazzurraSono successe tante cose dallo scorso novembre, quando dopo due giorni di trattative decise di dire sì al nuovo progetto di Erick Thohir. Tutti ci ricordiamo ancora le sue parole il giorno della presentazione: “Come mi ha convinto Thohir? Mi ha detto subito che non c’è una lira. Io non gli ho creduto e ho detto di sì”. La firma arrivò dopo 48 ore di colloqui ma i contatti decisivi avvenirono ben prima e cioè a Cesena dove l’Inter vince 1-0 e lui in tribuna a chiacchierare con l’ad Bolingbroke e il ds Ausilio ed ecco che, dopo l’ennesimo deludente pareggio contro il Verona nasce il Mancini-bis. L’esordio è di quelli più difficili e cioè il derby, finisce 1-1 con gol di Obi. La sua prima parte di Inter porta 4 giocatori a gennaio, strigliate propedeutiche e 6 gare in Europa League. Mancio sarà anche British, ma se non gli vai a genio del tutto, beh, puoi salutare la compagnia. Lo sa Osvaldo che quasi gli mette le mani addosso allo Stadium. Probabilmente (e per altri motivi) lo ha capito anche Montoya che sarà ceduto a gennaio magari senza un minuto in partita. Il Mancio, per par condicio, rispetta anche gli antipodi, ovvero la fiducia cieca: succede con Guarin, l’interno più presente in relazione alle critiche ricevute. Roberto Mancini ha il telefono bollente: chiama, convince, seduce. «Credo sia bello, per un giocatore, sentire il suo possibile futuro tecnico prospettargli un progetto». Tira più il telefono del Mancio che eccetera eccetera eccetera. La comunicazione, però, si intasa sul più bello: Yaya Touré si rivela una delusione, niente Inter. Così, il Mancio-manager «scuote» i suoi dirigenti, li stimola: andate su Kondogbia, a Montecarlo.  Il Mancio un anno dopo ha 11 punti in più in classifica ed è sempre un esteta: pensa a Pirlo («Sa fare sempre la differenza») e punge come il Trap.