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Moratti: “Derby gara della svolta. Conte ora anti-juventino. Hakimi come Maicon”

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L'ex presidente nerazzurro festeggia lo scudetto numero 19: "Dedicato a mio padre, a Facchetti e Prisco, a Bellugi e Corso"

Fabio Alampi

L'attesa è finalmente finita: il pareggio dell'Atalanta sul campo del Sassuolo consegna all'Inter lo scudetto numero 19 della sua storia. Massimo Moratti, ex presidente nerazzurro, ha parlato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.

Massimo Moratti, a chi è andato il suo pensiero per questo primo scudetto senza di lei?

"A mio padre, a Facchetti e Prisco, a Bellugi e Corso, grandi interisti che avrebbero festeggiato come pazzi. E a tutti i tifosi con cui condivido questa gioia. È lo scudetto del “Finalmente!”. Molto toccante è stato lo scambio di messaggi con Steven Zhang, ieri pomeriggio".

Più bello uno scudetto da tifoso o da presidente?

"A livello di adrenalina, da primo responsabile non c’è paragone. Ma se pensi che nella vita c’è anche altro, stai molto più sereno".

Nel 2010 avrebbe mai creduto che per vincere un altro scudetto sarebbero serviti 11 anni?

"No, ma quello non succede mai: all’inizio di ogni annata si pensa sempre che andrà bene".

Questa Inter può aprire un ciclo come la sua, che però dopo il Triplete si sgretolò?

"Il primo scudetto servì ad avviare un quinquennio unico, culminato con l’apoteosi di Madrid. Questa Inter ha tutto per aprire un ciclo e fare bene anche in Champions".

Molto passerà anche dalle decisioni della proprietà. Stupito per i loro problemi?

"Sì, perché Suning è una potenza. Ma le variabili Covid e Pechino non erano facili da immaginare. Ora però credo che sia tornato il sereno".

Si sono appassionati pure alla Superlega...

"L’Inter ha sperato di entrarci senza farsi notare e di uscirne senza che nessuno se ne accorgesse. Non il massimo".

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In che misura questo è lo scudetto di Conte?

"I suoi meriti sono enormi. Ci ha messo a lungo la faccia. E non era facile isolare la squadra da tutti i problemi societari. Una situazione per lui nuova, mentre la capacità di tenere tutti, anche chi gioca poco, sul pezzo già gliela si riconosceva".

Rinnoverebbe il contratto?

"Con me le scadenze degli allenatori non erano così importanti... (ride, ndr). Però bisogna andare avanti con lui".

In cosa Conte e Mourinho, ma anche questa rosa e quella del Triplete, sono simili?

"Fare questi paragoni è sempre difficile. Però anche questo gruppo mi sembrava in missione. I due allenatori sono super professionisti, con una passione viscerale per il calcio e per il loro lavoro".

Crede che per Conte sia stata importante la notte del litigio con Andrea Agnelli, in Coppa Italia?

"Quella serata ha sancito la nascita del Conte anti-juventino. Che soddisfazione!".

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Quale è stata la gara della svolta?

"Il 3-0 nel derby di febbraio. Sentivo che se avessimo battuto il Milan, al tempo l’unico avversario credibile, poi non ci saremmo più voltati indietro".

A proposito di campioni, ci sarà un giocatore di oggi che le ricorda uno del Triplete.

"Hakimi come Maicon. Due armi improprie, bravi a difendere e imprevedibili e micidiali quando attaccano".

Quali i giocatori decisivi?

"Quando Lukaku parte da metà campo palla al piede ti chiedi cosa succederà e il 90% delle volte succede quello che ti auguri! Poi Barella. Si vede che l’Inter gli è entrata sotto pelle, che dà sempre l’anima. Ma voglio citare anche Ranocchia, ragazzo d’oro che per la pazienza ha meritato lo scudetto più di tutti. Un simbolo, come Darmian e quelli che hanno giocato meno. Poi Eriksen, decisivo anche a Crotone. Lui ha messo la squadra nella condizione di giocare con più semplicità. Credevo che fosse una causa persa, invece Conte è stato bravo a fargli capire cosa serviva alla squadra. E bravo il danese ad adeguarsi".

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